venerdì 31 dicembre 2010

GF 11 Pietro e Davide

http://luomonellombra.blogspot.com/2010/12/pietro-e-davide-del-grande-fratello-ma.html

Super coccolosi

martedì 28 dicembre 2010

MERRY CHRISTMAS

TANTI AUGURI DI UN FELICE NATALE E DI UN GRANDIOSO ANNO NUOVO PIENO DI SLASH E DI JAN E MIGUEL

mercoledì 6 ottobre 2010

martedì 21 settembre 2010

Nuovo forum Squadra speciale Lipsia

Da un paio di settimane è nato un nuovo forum dedicato a questo fantastico telefilm poliziesco proveniente dalla Germania.
Se amate Squadra Speciale Lipsia o i suoi protagonisti accorrete. Troverete video, fanfiction e tante immagini.

http://squadraspecialelipsia.forumfree.it/

Binvenido a Miami capitolo 1 (NC17)



Bienvenido a Miami

Soko Leipzig
Personaggi: Vince Becker, Jan Maybach
NC-17
I personaggi non mi appartengono.
Un grazie speciale alla mia socia e nonché editor Giusi senza la quale questa fic forse non avrebbe neanche visto la luce.


1

L’aereo atterrò in perfetto orario all’aeroporto di Miami. I commissari Jan Maybach e Vincent Becker si diressero verso l’uscita portandosi dietro due piccoli borsoni che contenevano i pochi effetti personali. Si trovavano in Florida al fine di rintracciare il capo di una banda di narcotrafficanti che tramite i suoi corrieri esportava la roba anche a Lipsia. In quei mesi la squadra si era trovata davanti a numerose morti causate da una nuova droga sintetica denominata Diamond.
Il capo della polizia criminale di Lipsia, il commissario Trautzschke aveva inviato i suoi due uomini a Miami per collaborare con la squadra narcotici.
Jan si guardò intorno, sapeva che dei colleghi dell’antidroga li avrebbero attesi all’aeroporto.
Scovò uno dei due. Si trattava di un uomo basso e grassoccio con pochi capelli e un sigaro in bocca. Lo vide avvicinarsi seguito da una donna molto attraente, dai lunghi capelli neri e la pelle olivastra.
Vince si bloccò accanto al compagno in attesa.
“Commissario Maybach, presumo” disse la donna. Mostrò il distintivo “Sono il tenente Sanchez e lui è l’agente Morris”
Jan strinse loro la mano e cercò di esprimersi in inglese “Piacere, Jan Maybach e lui è il commissario Becker”
“Piacere mio, ma chiamatemi Vince, vi prego” sorrise mostrando la dentatura perfetta.
Jan alzò gli occhi al cielo, il solito sbruffone “Piuttosto, come avete fatto a riconoscerci? Abbiamo scritto in fronte che siamo sbirri tedeschi, per caso?”
“No, commissario” lei sorrise puntando su di lui gli occhi scuri “Non solo i teutonici sono efficienti. Abbiamo ricevuto le vostre schede e c’erano anche delle immagini, anche se devo ammettere che quella foto tessera non le rende di certo giustizia, commissario Maybach” lasciò vagare lo sguardo sul torace muscoloso stretto in una maglietta aderente.
Jan arrossì leggermente, mentre Vincent accanto a lui borbottava qualcosa in tedesco stretto così da risultare incomprensibile ai poliziotti americani.
“Dove possiamo andare per parlare dell’indagine, tenente?” domandò Jan tornando serio e professionale.
“Che bisogno c’era di far venire questi due, eravamo in grado di cavarcela più che bene” l’agente Morris mormorò contrariato.
Il suo superiore lo sentì e si voltò indispettita “Li abbiamo chiamati perché avevamo bisogno d’aiuto e ora, resta nei ranghi, agente!” alzò la voce indispettita “Scusate per l’insubordinazione, ma questo traffico per l’Europa è uno dei più spinosi che ci sia capitato da anni a questa parte e… “
“Da noi è anche peggio. Non possiamo permettere che la situazione ci sfugga di mano. Siamo qui per aiutarvi non certo per ostacolarvi”
La donna sorrise annuendo “Credo che sarà una collaborazione vantaggiosa per entrambi i paesi. Ora, se volete seguirci vi porteremo in hotel. Immagino, sarete stanchi”
“Grazie, il viaggio è stato molto lungo”
S’incamminarono verso l’uscita e varcate le porte, furono investiti da una folata d’aria calda che per un attimo impedì loro di respirare. I due poliziotti tedeschi non erano di certo avvezzi a un clima del genere, gli ci sarebbe voluto del tempo per abituarsi.
Vincent si lasciò sfuggire un’imprecazione in tedesco che nessuno capì tranne Jan il quale gli lanciò un’occhiataccia ammonitrice.
Durante il tragitto dall’aeroporto all’albergo il tenente Sanchez ragguagliò i due commissari teutonici sui progressi effettuati in quei mesi e fissò un appuntamento per quella sera a cena.
L’auto nera di servizio si fermò davanti all’edificio. Dopo aver preso i loro borsoni dal portabagagli Jan e Vince scesero. Si accomiatarono dai colleghi americani infilandosi nelle porte scorrevoli. La hall era affollata e rumorosa, si avvicinarono alla reception per registrarsi.
Scoprirono che le camere erano situate al decimo piano. Mentre l’ascensore di vetro saliva lento, Vince canticchiò una canzoncina a bassa voce. Guardò all’esterno e nel vedere la piscina gli scappò un’esclamazione di gioia.
Jan lo fissò stranito “Sei di buon umore”
“Perché non dovrei? Guarda Jan, non è stupenda?” gli occhi gli brillarono al pensiero di poter prendere il sole in quell’oasi di divertimento e sorseggiare uno di quel cocktail con l’ombrellino che in Germania poteva solo sognare.
“Vince, devo forse ricordarti che non siamo qui in vacanza?”
“Questa è Miami, il nostro albergo è provvisto anche di una piscina da panico e immagino ci sarà anche una sauna. È il paradiso” non trattenne l’espressione rapita.
“Vince, Miami è una missione” lo rimproverò l’altro cercando di farlo ritornare con i piedi per terra.
“Ma questo non ci impedisce di rilassarci un po’, no? Dai, Jan, non essere così serioso” gli rivolse un sorriso disarmante.
Jan ricambiò il sorriso “E va bene, sei davvero un bambino” improvvisamente s’incupì. Vince non era il primo cui lo diceva. Scosse la testa cercando di ricacciare i pensieri tristi che cominciavano a riaffiorare.
Vince ridacchiò soddisfatto di averla avuta vinta.
L’ascensore si fermò al loro piano e i due attraversarono il corridoio fino alle porte delle stanze. Erano una accanto all’altra.
“Sarà meglio riposare” consigliò Jan.
“Non sono tanto stanco” replicò Vince non accennando a spostarsi verso la sua camera.
Jan inserì la tessera nella fenditura facendola scattare. Aprì la porta e con la testa gli fece cenno di entrare.
Un sorriso apparve sulle labbra del più giovane che lo seguì all’interno. Jan lasciò cadere il borsone sul letto.
La camera era piccola, ma accogliente. Una porta conduceva nel bagno, un divanetto con un tavolino e ad una parete vi era addossato un letto matrimoniale con due comodini. Un armadio completava l’arredamento.
“Non mi sembra vero di essere arrivati, che volo infernale” si voltò.
Vince si posizionò dietro di lui appoggiandogli le mani sulle spalle “Jan, mi sembri teso, sai?” lo massaggiò.
Jan sospirò chiudendo gli occhi “Grazie, mi ci voleva proprio”
“Lo so” aumentò la pressione “Cinque minuti del mio trattamento e sarai un altro”
Avvicinò il viso al suo collo posandovi dei baci leggeri, poi si spostò sulla nuca umida, senza smettere di massaggiare.
“Vince” ansimò.
“Sei teso come una corda di violino, capo”
“Non chiamarmi così” sbottò.
“Perché? Sei un mio superiore” le mani di Vince si spostarono lungo la schiena sfiorandola attraverso la maglietta sudata.
“Non quando siamo soli” si voltò guardandolo con tale intensità da fargli tremare le gambe.
“E cosa siamo?”
Jan per tutta risposta posò le labbra sulle sue baciandolo con dolcezza, Vince ricambiò focoso, spingendolo verso il letto. Desiderava farlo fin da quando avevano salutato Haio all’aeroporto, finalmente erano soli e poteva lasciarsi andare.
Sfiorò le labbra carnose del compagno, le mordicchiò fino ad esserne sazio, mentre le mani si insinuavano sotto la maglietta ad accarezzare il ventre umido. Jan si spinse contro di lui per averne di più, voleva sentire il suo tocco, il suo sapore.
La temperatura all’interno della stanza era incandescente quasi quanto quella fuori dalla finestra. Vince gli sfilò la maglia e fece lo stesso con la sua lanciandole entrambe sul pavimento “Non sai da quante ore attendo questo momento” sussurrò cercando nuovamente la sua bocca.
“Hai sempre la stessa cosa in testa?” Jan si staccò per respirare.
“Forse perché siamo costretti a trattenerci per non farci scoprire da Haio. Sono certo che ci sbatterebbe fuori.”
“Credo che ci farebbe una lavata di testa e poi forse… ci ucciderebbe” scoppiò a ridere.
“Si s’incazzerebbe sul serio” Vince rabbrividì immaginando la faccia del loro capo “mi piacerebbe che questi giorni fossero solo per noi”
“Vince, dobbiamo trovare il capo di questa banda di trafficanti. Haio conta su di noi, faccio le sue veci e non intendo deluderlo” Jan era tornato serio e professionale.
“Mi piaci così” Vince lasciò vagare la lingua sul suo torace scolpito “responsabile e scrupoloso”
Jan chiuse gli occhi inebriato “Non ti fermare!” lo supplicò.
L’altro continuò il suo cammino fino ai jeans. L’erezione premeva contro la stoffa dell’indumento.
Stava slacciando la cinta quando nella stanza si diffuse la suoneria familiare del cellulare di Jan.
“Cavolo, proprio ora” sbuffò Vince scostandosi per permettergli di alzarsi.
“Deve essere Haio” lo cacciò dai jeans e rispose “Pronto?”
“Siete arrivati?” la voce preoccupata del loro capo risuonò dall’apparecchio.
“Sì, siamo in albergo”
“Potevate anche farvi sentire”
“Hai ragione, ma volevamo prima disfare i bagagli” s’impappino imbarazzato come se l’ex suocero potesse vederlo in quel momento.
“Avete avuto contatti con la Narcotici?”
“Due colleghi ci attendevano all’aeroporto. Questa sera abbiamo un incontro con il tenente a capo dell’operazione” spiegò Jan nervoso.
“Cercate di non essere d’intralcio. Tieni d’occhio Vince, è giovane e avventato”
“Non lo perderò di vista un attimo” le labbra si aprirono in un sorriso.
“Puoi scommetterci!” intervenne il collega steso sul letto, con la guancia appoggiata sul palmo della mano.
“È la voce di Vince?”
“Te lo passo?” domandò Jan vedendo che il più giovane gli stava facendo degli strani segni. Era più evidente che non volesse intrattenersi con il superiore.
Vince fece una smorfia, ma suo malgrado afferrò il cellulare. Appoggiò una mano sull’altoparlante “Bastardo, me la pagherai”
Jan rise, cominciando poi a disfare il borsone. Lo osservò discutere animatamente per qualche minuto poi la mente vagò a sei mesi prima.


Jan varcò la soglia dell’ufficio, testa bassa e capelli scompigliati. La notte non aveva dormito dopo l’ennesimo litigio con Leni.
Sconsolato, sedette alla scrivania, una pila di scartoffie aspettava di essere consultata, ma la mente del giovane commissario era altrove. Dopo la perdita del bambino qualcosa tra lui e la sua ragazza si era rotto. A nulla erano valsi gli sforzi di entrambi di ricucire il rapporto. Ci avevano riprovato, ma in poco tempo si erano allontanati diventando quasi due estranei. A Leni era stato offerto un lavoro a Londra e con grande sorpresa di Jan lei aveva accettato. Appoggiò la schiena alla spalliera, si sentiva come se la sua intera esistenza stesse cadendo a pezzi. Accese il pc, doveva ancora scrivere il rapporto sul caso risolto due giorni prima. In un attimo lo schermo s’illuminò. Aprì i documenti, ma una cartella attirò la sua attenzione. Cliccò con il mouse e una foto di lui e Miguel abbracciati apparve sullo schermo.
Erano così spensierati. Era stata scattata la sera del party per la gravidanza di Ina. Avevano bevuto troppo e si erano lasciati andare. Quella foto ne era la prova. Miguel gli cingeva la vita con un braccio, le dita sotto la maglia.
Ricordava ancora il calore del suo tocco sulla pelle e soprattutto quello che era accaduto in seguito. Una lacrima gli bagnò una guancia, erano trascorsi quasi quattro anni e non c’era giorno in cui non sentiva la sua mancanza. Era sovrappensiero al punto che non avvertì i passi alle spalle.
“Che fai?” la voce del collega Vince Becker lo colse di sorpresa.
Scattò sulla sedia asciugandosi una guancia “Niente”
“Cosa stai guardando?” si sporse oltre il collega sbirciando l’immagine sullo schermo.
“Non sono affari tuoi, Vince!” sbottò chiudendo foto e cartella.
Vince restò di stucco per la sua reazione, ma non ebbe l’occasione di replicare perché Haio fece il suo ingresso seguito da Ina.
“Vince, Jan, per il caso Holtz bisogna interrogare il socio. Ve ne occupate voi?” porse un foglio a Jan “O preferisci andare con Ina a sentire la figlia?” si accorse della strana tensione tra i suoi sottoposti.
“Andiamo io e Vince” acconsentì rendendosi conto di avere esagerato. Lanciò un’occhiata al collega e lo vide accanto alla porta con la testa bassa. Afferrò il documento e dopo aver indossato la giacca si avviò verso la porta.
Si avvicinò a Vince appoggiandogli una mano sulla spalla “Scusa, ero nervoso non avrei dovuto prendermela con te”
“Avrai avuto i tuoi motivi per reagire in quel modo” replicò con dolcezza.
“Non ho scuse, mi spiace, ma sai…” non riuscì a continuare.
“Non preoccuparti” sorrise “ora, andiamo o il capo ci bacchetta”


Jan ritornò al presente e alzò lo sguardo verso il compagno, aveva chiuso la telefonata con il loro capo e lo fissava con una strana luce negli occhi. Comprese immediatamente cosa avesse in mente. Lo raggiunse sul letto stendendosi su di lui “Che ti ha detto Haio?”
“Di non fare colpi di testa, di seguire i tuoi…ordini e di non contraddirti” terminò di spogliarlo.
Jan ridacchiò “Concordo su tutto” lo baciò dolcemente per poi soffermarsi a leccare gli angoli delle labbra “soprattutto sull’eseguire i miei ordini” scese lungo il mento, poi giù fino al collo.
“Sai che non sono molto disciplinato” Vince ansimò godendo del suo tocco.
Jan continuò la corsa. Vince gemette “Hai intenzione di farmi impazzire, vero?”
“Era questa l’idea” ridacchiò lasciando una scia umida sulla pelle.
“Non abbiamo molto tempo, capo. C’è la cena con la bomba ispanica della Narcotici” nella voce di Vince un briciolo di gelosia.
“È molto bella” confermò.
Vince lo fissò stranito “Ti mangiava con gli occhi "la foto non le dava giustizia commissario" ma fammi il piacere” fece il verso alla donna.
Jan scoppiò a ridere “Sei geloso”
“Niente affatto”
“Sì, lo sei” lo pungolò.
“E va bene, lo sono. Lei è uno schianto e fa la smorfiosa” mise il broncio.
“Dai, non pensare al tenente… neanche ricordo come si chiamava, ma a noi” ritornò a reclamare la sua bocca calda e desiderabile.
Vince ribaltò le posizioni insinuandosi tra le sue gambe e attirandolo a sé “Ecco, ora va meglio” ridacchiò.
Jan circondò l’erezione del compagno guidandola dentro di sé. Quando fu completamente in lui ansimò estasiato: il poco tempo a disposizione andava sfruttato al meglio.

Fatal attraction wallpaper

Ultima creazione

domenica 5 settembre 2010

All'ombra del Colosseo




All’ombra del Colosseo

Squadra speciale Lipsia
Pairing: Jan Maybach – Miguel Alvarez
Quinta stagione
I personaggi non mi appartengono
Un grazie speciale alla mia socia e nonché editor Giusi senza la quale questa fic forse non avrebbe neanche visto la luce.


1

Vacanze romane

Era una mattina di giugno quando Jan entrò in ufficio fischiettando. Ina alzò lo sguardo stupita, non aveva mai visto il suo collega così allegro, né tanto meno fischiettare. Si convinse che doveva esserci di mezzo qualche donna.
“Giorno” salutò lui versandosi una tazza di caffè nero rigorosamente amaro.
“Sei di buon umore”
“Si nota così tanto?” sulle labbra apparve un sorrisetto.
“Vuoi dirmelo o tiro a indovinare?” lo fissò incapace di resistere oltre.
“Ho deciso di portare Benny in Italia durante le ferie” e mostrò i biglietti appena ritirati in agenzia “dieci giorni a Roma”
“Caspita, ti tratti bene, eh, Jan?”
“Voglio che Benny respiri un po’ d’arte e cultura e cosa c’è di meglio di Roma?”
In quel momento la porta si aprì ed entrò un Miguel assonnato. Sbadigliò, portando la mano davanti la bocca.
“Ehi, fatto le ore piccole, Casanova?” lo prese in giro il compagno.
“Avrò dormito un’ora, sono distrutto” arraffò la tazza di Jan e bevve “mio dio, Jan” commentò disgustato “come fai a bere questa roba? Ma non senti com’è amaro?”
“Sono a dieta”
“No, tu sei matto, è diverso” gli rese il caffè, poi si diresse verso il mobile. Ne versò un po’ per sé abbondando con le zollette di zucchero, sempre sotto lo sguardo schifato di Jan.
“Sai la novità, Miguel?” Ina gli fu accanto.
Lo ispanico si voltò pronto ad ascoltare qualche pettegolezzo “No, cosa? Jan ha finalmente trovato una donna?” ghignò.
“Spiritoso”
“Se ne va in Italia con Benny”
Il sorriso di Miguel sparì di botto “In che senso? Quando?”
“Tra una settimana, in vacanza” Jan sventolò nuovamente i biglietti del volo.
“Sono molto passionali le seniorite italiane, quasi quanto le spagnole” Miguel appoggiò la mano sul petto, all’altezza del cuore “scommetto che cadranno tutte ai tuoi piedi. Come ti invidio, amico mio”
“Porto Benny in vacanza, non ci vado per rimorchiare” lo rimproverò “ho dei doveri, non posso sempre pensare a me stesso”
“Com’è altruista il nostro Jan” Miguel fu su di lui scompigliandogli i capelli.
“E smettila!” gli scansò la mano, spingendolo via.
Miguel ridacchiò sorseggiando il caffè “Mi raccomando, portami qualche bella camicia. Gli abiti italiani sono i migliori. Solo il meglio per Miguel Alvarez”
“Senz’altro, amico”
“Io un profumo” s’intromise Ina.
“Poi mi farete la lista” il commissario scosse la testa prima di affondarla in un fascicolo.
Miguel e Ina si guardarono e scoppiarono a ridere divertiti.


Un paio di sere dopo Miguel raggiunse Jan a casa sua. L’amico lo aveva invitato a vedere la partita della nazionale contro la Francia. In mano una confezione di birra, al collo una sciarpa con i colori della squadra.
Quando Jan aprì la porta, si rese immediatamente conto che il suo umore era pessimo: il viso era rosso e i capelli spettinati. Addosso una canottiera bianca e i pantaloni di una vecchia tuta. Miguel lo fissò stranito, poi entrò.
“Che è successo, Jan? Sei un relitto”
Jan fece una smorfia e si diresse verso il salotto.
Miguel lo seguì “Jan, diamine, vuoi parlare?”
“Ho avuto una discussione con Benny” sedette appoggiando le mani sulle cosce “l’ho mandato in camera sua per punizione”
“È andata così male?” prese posto accanto a lui “Vedrai che non è niente, sai come sono i ragazzini”
Scattò in piedi “Non vuole venire in Italia, Miguel!”
L’amico sospirò e lo lasciò sfogare.
“Da non credere, ha detto che preferisce andare in gita con i compagni piuttosto che trascorrere le vacanze con suo padre tra le rovine” Jan camminò avanti e indietro gesticolando “ti rendi conto? Che ingrato e io che mi sento pure in colpa perché passo poco tempo con lui”
“Benny ha un’età critica, Jan” cercò di calmarlo “devi capirlo, gli secca dover dire agli amichetti che andrà in vacanza con il padre”
“Ha undici anni, dannazione! Non può fare di testa sua” infilò le dita tra i capelli “e ora sono nei pasticci”
“Che intendi?” Miguel si alzò per raggiungerlo “Jan, si può sapere che stai blaterando?”
“Ho già pagato i biglietti per due persone, dovrò patire le pene dell’inferno per convincerlo a venire”
“E lascia perdere, allora. Parti tu” Miguel gli circondò le spalle con un braccio attirandolo a sé “anzi, sai che ti dico? Se proprio non ti va di andarci da solo, Miguel Alvarez farà questo sacrificio” restarono un attimo zitti, mentre l’ispanico lo guardava con i suoi grandi occhioni da cucciolo.
“Sì, certo, ma non essere ridicolo” sbottò.
“Perché? Dovrei sentirmi offeso da questa tua reazione!” mise il broncio “Io mi offro di accompagnarti e tu mi ripaghi prendendomi in giro”
“Stai dicendo sul serio?”
La sua espressione confermò che non stava scherzando e che desiderava davvero seguirlo in Italia.
“Non credevo fossi interessato alla cultura e alle rovine” represse un sorrisetto.
“Ehi, per chi mi hai preso! A me piace l’arte e poi le donne sono attratte dagli uomini colti”
“Ah, ora è tutto chiaro” Jan scosse la testa.
“Dai, non farti pregare” Miguel gli appoggiò una mano sulla spalla “saremo due single a caccia di belle signorine italiane” gli occhi brillarono.
“Sei davvero incorreggibile” il compagno scoppiò a ridere “e va bene, in fondo, sarà divertente. Tutto sommato non mi dispiace una vacanza tra uomini”
“Grande!” Miguel esultò.
Jan rise scuotendo la testa, Miguel era davvero incorreggibile quando si comportava da ragazzino.
“Allora, la vediamo questa partita?” ghignò l’ispanico e armato di birra, sedette sul divano.
Accese la tv, la partita era già nel vivo.


Ben presto giunse il giorno della partenza. Jan si presentò alla buon’ora, sotto casa di Miguel con un taxi. Sapeva quanto l’amico fosse ritardatario e, per evitare che accampasse qualche scusa banale come tipo la macchina fuori uso o qualche improbabile sveglia non funzionante, decise di andare a prenderlo. Miguel lo attendeva appoggiato al portone, un borsone ai piedi e un paio d’occhiali da sole sul naso. Indossava una maglietta rossa a mezze maniche e jeans. Quando vide Jan gli si illuminò il viso e alzò la mano in segno di saluto. Lo raggiunse sorridendo “Finalmente sei qui, ti aspetto da mezz’ora”
Jan scese dal taxi “Sì, certo. Scommetto che eri appena sceso, pigrone che non sei altro”
“Va bene, mi hai beccato. Mi sono svegliato venti minuti fa, ma ho una scusante”
“Lasciami indovinare” Jan prese il borsone dell’amico e lo infilò nel portabagagli “notte di fuoco?”
“Mi conosci troppo bene, Jan”
“Come me stesso” replicò l’altro “Tutto qui? Viaggi leggero”
“Prevedo di fare spese a Roma” Miguel ghignò infilando i pollici nei passanti dei pantaloni.
“Con quali soldi?” Jan incrociò le braccia al petto.
“Non sono un pezzente, amico mio. Posso permettermi di comprare qualche bel vestito firmato”
“Scusa, ma pensavo che con lo stipendio da fame che ci danno non riuscissi a risparmiare. Ti conosco fin troppo bene, so quanto ami spendere in abbigliamento e cibo” lasciò vagare lo sguardo fino al ventre evidenziando i chiletti di troppo “soprattutto in cibo”
“Che vorresti dire con questo? Non sono grasso, amo mangiare, allora?”
“Sali, sbruffone, non vorrai perdere il volo”
Miguel prese posto accanto a lui, poi gli portò un braccio intorno alle spalle “Comincia la nostra avventura, amico mio. Seniorite, attente, arrivano i conquistatori teutonici”
“Sei incorreggibile” Jan scosse la testa, poi fece segno al tassista di partire.

venerdì 30 luglio 2010

Profusione d'amore

Video super teneroso su Jan e Miguel

giovedì 29 luglio 2010

Erik: Bad boy

Nuovo Video sul perfido Erik Gehlen di Squadra speciale Cobra 11

Bienvenido a Miami

mercoledì 28 luglio 2010

Squadra speciale Lipsia in Italia





L’Italia è da sempre un paese aperto all’estero e alle novità televisive provenienti da altri paesi. Non dimentichiamo che la maggior parte dei programmi presenti nel nostro palinsesto televisivo ci arrivano dagli Stati Uniti e altri fanno parte di un format internazionale quale Endemol. Anche la Germania ha sfornato numerosi telefilm che vengono trasmessi anche da noi e dei quali molti hanno avuto un grande successo quali “Derrik” o “Il commissario Rex” e negli ultimi anni anche “Squadra Speciale Cobra 11” con le sue scene colme di azioni mozzafiato, di incidenti e di inseguimenti avvincenti.

In questo cosiddetto report mi preme parlare di un telefilm che è nato in sordina ma che a poco a poco ha acquisito sempre più spettatori: Squadra speciale Lipsia è un telefilm nato nel 2001 e trasmesso dal canale tedesco Zdf, mentre in Italia è arrivato solo nel 2005. Narra la storia di quattro commissari della Squadra omicidi di Lipsia alle prese con criminal pericolosi e senza scrupoli.
A capo della squadra vi è il commissario capo Haio Trautzschke uomo determinato che antepone la giustizia a tutto.
Gli altri uomini della squadra sono:Jan Maybach, padre single e commissario integerrimo e ligio al dovere. Si è trasferito da colonia con il figlio Benny; Ina Zimmermann unica donna del team e Miguel Alvarez, di origini spagnole, attratto dalle donne, impulsivo e amante del suo lavoro, ma con un passato turbolento.
Il telefilm in Italia non ha ottenuto il successo che avrebbe meritato, forse per la mancanza di grandi scene d’azione e di inseguimenti come invece si può vedere in Cobra 11.

Una caratteristica che mi ha molto colpito di Squadra speciale Lipsia è lo spazio dato ai sentimenti, alla caratterizzazione dei personaggi e ai rapporti umani che s’instaurano tra i componenti della squadra come per esempio quello tra Jan e Miguel. Il rapporto che li lega va ben oltre quello tra due colleghi. Sono amici, quasi fratelli e la profondità del sentimento che c’è tra loro si estrinseca nel momento del pericolo. Esempio lampante è l’episodio Senza via d’uscita quando Miguel è introvabile e Jan perde la testa. Fa di tutto per trovarlo e quando scopre dove si trova si butta alla sua ricerca senza attendere i rinforzi rischiando la vita. Lo ritrova ferito, quasi dissanguato e nei suoi occhi si può vedere il dolore. Questo sentimento viene portato alle estreme conseguenze quando Miguel perde la vita. Jan è semplicemente distrutto, psicologicamente fragile e pronto a mollare tutto. Negli episodi successivi si nota il peso di questa perdita, Jan cambia, diventa più cupo, più serio e anche più cinico. Per non parlare della non accettazione dei sostituti del compianto Miguel.
Questo aspetto umano è qualcosa che apprezzo molto nel telefilm, nel quale Miguel non viene dimenticato l’episodio successivo come accade i altri serial, ma la sua presenza resta nel ricordo degli altri protagonisti.


Negli ultimi anni sono nati numerosi gruppi su facebook dedicati a Squadra speciale Lipsia e a i due protagonisti.
Artefici della creazione di blog e pagine facebook:
Jan e Miguel i poliziotti più sexy della tv creata da me http://www.facebook.com/group.php?gid=126104509395&ref=search
blog: http://passionepericolosa.blogspot.com/

Giusi Dottini alla quale dobbiamo il blog: http://squadraspecialelipsiaslash.blogspot.com/

Gruppo dedicato a Squadra speciale Lipsia:
http://www.facebook.com/group.php?gid=126104509395&ref=search#!/group.php?gid=89619879346&ref=ts
creato da Maurizio Specchierla

Giusi ha anche un canale di youtube nel quale è possibile trovare video tratti dagli episodi e creati da lei, mentre nel mio canale si trovano anche video tratti da episodi in lingua originale e fan video creati da me.


Report by Alessandra Giusti

mercoledì 21 luglio 2010

Il terzo incomodo 2 (NC17




Capitolo 2

Personaggi: Gabriel Merz, Marco Girnth, Gedeon Burkhard
Rating: NC17
I personaggi non mi appartengono, la storia e gli avvenimenti sono tutto frutto della mia invenzione o pe meglio dire, mente malata
Un grazie speciale alla mia editor Giusi per la sua pazienza e il suo ottimo lavoro.


Una volta all’interno della suite, Marco si guardò intorno stupito, la produzione non badava proprio a spese per i suoi attori. Oltre ad un salottino, comprendeva un bagno enorme con vasca Jacuzzi e camera completa di ogni confort. Mentre il biondino era distratto a contemplare quel lusso, Gabriel lo afferrò da dietro tirandolo a sé.
“Ora sei tutto mio!” appoggiò il petto alla schiena, baciandogli il collo esposto.
Marco ansimò e voltatosi incontrò le sue labbra. Continuando a baciarlo, Gabriel lo spinse contro la parete. “Quanto mi sei mancato”
“Tu di più” Marco gli sfilò la giacca lasciandola scivolare lungo le spalle.
Gabriel si sbottonò la camicia e Marco lo aiutò a tirarla fuori dai pantaloni.
“Hai messo su anche un po’ di pancetta” pizzicò il rotolino di carne che fuoriusciva “come sei arrapante, Gabri”
“Tu invece hai sviluppato dei pettorali pazzeschi” Gabriel accarezzò il torace attraverso la polo, poi la alzò sfilandogliela dalla testa. Osservò eccitato il fisico scolpito “non mi stancherei mai di ammirarti”
Gabriel lo abbracciò e insieme si diressero nell’altra stanza. Senza smettere di baciarsi si mossero verso il letto. Gabriel lo spinse supino, sovrastandolo con il suo corpo massiccio. La bocca scese a lambire il mento, poi il collo. Marco inarcò la schiena circondando con le braccia lasciando vagare le mani lungo la schiena nuda.
“Gabri” giocherellò con il ciuffo di peli che spiccava sul petto, scendendo poi verso il basso.
“Chiamami Erik”
“Erik come?” aprì il bottone dei pantaloni, abbassando la chiusura lampo. In un attimo fu nudo.
“Erik Gehlen” Gabriel armeggiò con la cinta dei jeans di Marco, liberandolo dall’ultimo impedimento che separava la pelle dalla sua “finalmente!” stendendosi su di lui, gli allargò le gambe con una mano. “Ricordi quando ti ho scopato con forza, quel mattino, a casa mia?” sussurrò Gabriel leccandogli il lobo.
Il pene di Marco ebbe un guizzo e Gabriel continuò: “Non vedo l’ora di ripetere quell’esperienza, dolcezza” catturò il lobo tra le labbra “e di farti godere come non mai”
“Che aspetti!”
“È impaziente il mio cucciolo” Gabriel gli accarezzò un fianco, scendendo a sfiorare la fessura tra le natiche. Quando cominciò a stimolare il suo punto speciale, Marco gemette di piacere e mosse il bacino verso il basso “Non perdere tempo, scopami”
“Arrivo subito!” e senza indugiare oltre, lo penetrò con un colpo di reni. A quell’intrusione Marco si lasciò sfuggire un lamento.
“Come sei stretto, amore” sporgendosi a baciargli il collo, Gabriel si spinse con decisione. Scese a leccargli il petto sudato per poi risalire verso la bocca schiusa. La solleticò con la sua. “Voglio fotterti per bene! Abbiamo tanto da recuperare!”
“Più veloce, è stupendo” per approfondire il contatto, Marco gli agguantò i glutei. “quanto mi è mancato il tuo cazzo!”
“Lo senti quanto ti voglio?” Gabriel si schiacciò con decisione su di lui.
“È stupendo averti dentro di me, amore!” Marco lo attirò in un bacio ardente.
“Sei la mia sgualdrina”
“Sono la tua sgualdrina!” ripeté “Fammi godere! Scopami come solo tu sai fare”
Gabriel sfiorò le labbra con il pollice: “Mi piace quando mi supplichi!”
L’altro lo catturò succhiandolo.
“Sei terribilmente arrapante, amore” gli occhi scuri bruciavano di lussuria. “Voglio farti godere, ancora e ancora”
Marco gli solleticò il dito con la lingua.
Gabriel sussurrò affondando implacabile dentro di lui. Scese a stimolarlo tra le gambe.
“Toccami!” Marco inarcò la schiena e Gabriel obbedì masturbandolo fino a quando non sentì il seme inondargli le dita.
Un ultimo affondo e anche Gabriel raggiunse l’orgasmo, accasciandosi sul suo torace.
“Ah, quanto ne avevo bisogno” Marco gli accarezzò i capelli umidi.
“Tre fottuti mesi, non credo di resistere a vederti ogni tre mesi o quattro” alzò il capo fissandolo “io ti amo Marco, da matti”
“Ti amo anche io, Gabriel e non ho intenzione di rinunciare a te. Saperti lontano, in balìa di un seduttore da strapazzo, come quel Gedeon, mi fa impazzire di gelosia”
“Piccolo” gli posò un bacio delicato sulla spalla “Gedeon è attraente, molto attraente, ma…” sorrise “io amo te”
“Avrei voluto urlargli di starti alla larga perché sei solo mio”
Gabriel sorrise “Per me è solo un collega, forse potremmo anche diventare amici, ma niente di più”
Marco gli accarezzò la nuca disegnando dei piccoli cerchi con le dita.
Gabriel sussurrò “Mi soddisfi ampiamente, non cerco altro”
“Mio dio, è stato davvero stupendo” sentì ritornare l’eccitazione.
“Marco, cucciolo…” si morse la lingua, indeciso se continuare o meno.
“Dimmi”
“Che cosa hai raccontato a Katja per potermi raggiungere?”
L’amante s’irrigidì “Sai che le cose non vanno molto bene tra noi, quindi è stata più che felice di liberarsi di me”
“Mi dispiace non riusciate ad appianare le vostre divergenze”
Marco scosse la testa “Restiamo insieme per nostro figlio, ma siamo due estranei.”
“Che situazione di merda!”
“Temo che se divorziamo, non potrei più vederlo! Sai quanto può essere vendicativa!” si rattristò.
“Quindi sa tutto!” si scansò come scottato.
L’altro annuì. “Quando l’ha scoperto ha fatto una scenata, sembrava impazzita”
“Cazzo! Quella donna mi preoccupa, potrebbe fare qualcosa di avventato”
“Non credo, tesoro” con i polpastrelli percorse i contorni del suo viso. “ma non preoccuparti, io ti amo e solo questo conta”
“Sì, ma…” un bacio lo zittì.
Gabriel rispose con trasporto, ma qualcosa lo turbava. Si allontanò appoggiandogli le mani sul petto “Quando devi ritornare?”
“Lunedì”
“Cosa? Vuoi dire che abbiamo tre giorni tutti per noi?” sgranò gli occhi.
“Sì, amore”
Gabriel urlò di felicità saltando sul letto “Perché non me lo hai detto subito? Credevo di avere solo poche ore da trascorrere insieme”
Marco rise e Gabriel lo attirò in un abbraccio. “Questa sera andiamo a cena fuori, in uno dei locali più ‘in’ di Colonia”


Ore dopo sedevano a un tavolo un po’ appartato. Essendo entrambi famosi, Gabriel desiderava non essere disturbato da qualche fan durante la loro cena. Gabriel portò alle labbra un pezzo di Schnitzel gustandone il sapore eccezionale, era uno dei piatti tipici di quel ristorante. Masticò con gusto, non accorgendosi che Marco lo fissava con un sorrisetto malizioso.
“Ti ho sfiancato, vero?” non riuscendo a tenere le mani a posto, carezzò le dita con le sue.
“Sì, ho una fame da lupi, Marco, ma tu non mangi?” fissò la pietanza pressoché intatta.
“Sono a dieta” rispose senza smettere di sfiorarlo.
“Ancora? Marco, si può sapere che cazzo la fai a fare sta dieta? Hai un corpo perfetto, da sballo” gli prese la mano posandovi un leggero bacio, poi la lasciò andare “Ora, non farti pregare e mangia. Questa notte avrai bisogno di energie”
“Non vedo l’ora” si morse il labbro inferiore “Comunque, per la cronaca, mio caro. Da quando te ne sei andato, ho preso cinque chili”
“È tutta massa muscolare. Resta un po’ con me e vedrai come smaltisci tutto” strizzò l’occhio.
“Non provocarmi, Gabri, potrei anche prenderti in parola” Marco decise finalmente ad addentare la sua cotoletta.
“Buona, vero?”
“Squisita, a Berlino non ne ho mai mangiate di così deliziose” chiuse gli occhi deliziato.
“Te l’ho detto, qui fanno la migliore Schnitzel di tutta la Germania”
“Ora capisco da dove arrivano tutti quei rotolini che ho sentito” Marco si leccò le labbra ripensando alle ore trascorse a letto baciando e mordendo ogni centimetro del suo corpo.
“Stupido” Gabriel sbuffò dandogli un leggero schiaffo sulla mano. Marco la catturò stringendola per un attimo nella sua.
“Disturbo?” fece una voce familiare alle loro spalle.
Alzando la testa, Marco ritirò la mano di scatto. Sgranò gli occhi “Salve”
“Ciao” avanzò di un passo appoggiando le mani sulla spalliera della sedia di Gabriel, il quale si voltò fissandolo sorpreso “Gedeon? Come mai qui?”
“Che domande! Per cenare e poi, questo è un locale molto frequentato. Tutta pubblicità” sorrise “Vi dispiace se mi unisco a voi, ragazzi?” e senza attendere una risposta, prese una sedia dal tavolo dietro al loro e sedette vicino a Gabriel.
“Veramente eravamo…” fece per protestare Marco, ma poi rinunciò limitandosi ad osservare con attenzione il nuovo arrivato: giacca di pelle, dei pantaloni neri e camicia bianca alla quale aveva lasciato i primi due bottoni aperti. Era straordinariamente bello e per un attimo si sentì inadeguato.
Gedeon alzò la mano per richiamare un cameriere, poi posò gli occhi verdi su Marco “Allora, cosa ti porta a Colonia? Solo una rimpatriata con il tuo collega o c’è dell’altro?” fin dal primo momento in cui li aveva visti insieme aveva capito che tra loro c’era qualcosa che andava oltre l’amicizia. Ripensò a quando, solo tre anni prima si era ritrovato a girare un episodio di Soko e all’attrazione che aveva provato per Marco. Avrebbe voluto sedurlo, ma quando aveva visto il suo amore nei confronti della moglie, aveva desistito. Sospirò, era diventato ancora più bello.
“Avevo un paio di giorni liberi e ho pensato di venire a Colonia, ma non credevo di trovare anche te qui” rispose Marco.
“La vita è strana, non trovate?” spostò lo sguardo su Gabriel, gli era talmente vicino da poterlo sfiorare. Annusare il suo profumo muschiato glielo fece rizzare “Ci si ritrova a lavorare con persone che non vedi da anni. Sai, Gabri, sono molto felice di avere la possibilità di girare di nuovo con te”
Gli appoggiò la mano sulla coscia facendolo scattare leggermente.
Gabriel gliela scansò senza che Marco potesse accorgersene “Anche io, il tuo personaggio, poi, è molto interessante”
“Sì, oscuro, quasi quanto il tuo”
Il cameriere si avvicinò per prendere l’ordinazione di Gedeon: filetto al pepe verde e uno strudel.
“Quanto ti trattieni?”
“Un paio di giorni” Marco sorseggiò il vino seccato, trovava il bavarese alquanto invadente.
“Grandioso, una sera di queste vi porto in un locale che conosco”
La cena arrivò “Avevo una fame” dichiarò Gedeon tuffandosi affamato “Dovete ordinare lo strudel, è ottimo, l’ho già preso. Pensate che lo accompagnano con la panna e il gelato”
“Per carità” commentò Marco inorridito.
“Perché?” Gedeon era stupito.
“Perché sono a dieta”
“Tu?” scoppiò a ridere “Ma ti sei visto? Gabriel non gli dici nulla?”
L’interpellato alzò le mani in segno di resa “Non mi ascolta, è una testa dura. Io gliel’ho detto che ha un fisico pressoché perfetto”
“Dovresti ascoltarlo” la mano di Gedeon ritornò prepotentemente a sfiorargli la coscia.
Gabriel fremette quando questa risalì disegnandogli dei piccoli cerchi, ormai non c’era più alcun dubbio: Gedeon stava cercando di sedurlo e oltretutto, sotto gli occhi di Marco. Le dita si posarono per un attimo sul pacco tra le gambe.
Gabriel la scansò imbarazzato, il suo colorito era diventato sul rosso pomodoro. Per fortuna Marco, impegnato a mangiare la sua insalata, non si era accorto di nulla. Lanciò a Gedeon un’occhiataccia, ma lui gli rivolse un sorrisetto malizioso.
Improvvisamente si alzò in piedi “Scusatemi un istante” e si diresse verso la toilette.
Marco restò in silenzio e Gabriel si rese conto che qualcosa che lo turbava “Che hai?”
“Niente”
“Dai, parla!” insistette Gabriel.
“Gedeon è troppo importuno”
“Non pensare a lui, ho un programmino per dopo, dolcezza, vedrai” gli catturò nuovamente la mano accarezzando il dorso con la punta delle dita.
“Non vedo l’ora, che hai in mente?”
“Io, te e un letto” sussurrò Gabriel
In quel momento gli vibrò il cellulare nella tasca segnalando che era arrivato un messaggio. Lo prese, il numero sul display era sconosciuto. Lo lesse a mente “Però, non pensavo fossi così ben dotato. Toccandotelo mi si è rizzato subito. Se mi raggiungi, ti faccio vedere"
Gabriel impallidì spalancando la bocca, Marco si sporse in avanti per leggere, ma lui si affrettò a eliminarlo.
“Di chi è?”
“Una delle mie tante ammiratrici” ammiccò chiudendo lo sportellino del cellulare e riponendolo nella tasca.
“E come mai hanno il tuo numero?”
“Vallo a sapere” fece spallucce.
“Ti fanno proposte oscene?” scoppiò a ridere.
“In un certo senso” si agitò nervoso sulla sedia vedendo che Gedeon non ritornava.
Mentre l’ospite era via, arrivò anche il suo strudel. Gabriel si leccò le labbra e ne curioso di assaggiarlo, ne ordinò uno uguale,
“Tu sei pazzo a farti tentare da tutti questi dolci”
“Amore, ti preoccupi troppo” gli porse il cucchiaino con un pezzo di dolce “sta zitto e mangia!”
“Ma…” quando vide lo sguardo risoluto del compagno, obbedì aprendo la bocca.
“Allora?” domandò Gabriel.
“Ottimo” masticò chiudendo gli occhi “celestiale”
“Non sai che voglia di scoparti mi hai fatto venire” ridacchiò “mi arrapa vederti mangiare”
“Gabri, che dici? E se ci sentono?”
“E chi?” si portò alle labbra un pezzo di strudel “Non ci sente nessuno se siamo prudenti”
Gedeon ritornò al tavolo “Scusate, telefonata urgente”
“Intanto il tuo dolce è arrivato e ne ho ordinato uno pure per me” comunicò Gabriel.
“Buono, vero?”
“Sì, anche se non dovrei, mi sono alquanto appesantito” Gabriel si sfiorò la pancia.
“Già oggi hai parlato di pancetta e stronzate del genere. Sei in gran forma e anche tu, Marco. Ora, finiamo questo delizioso strudel e poi, tuffiamoci nella vita notturna di Colonia” strizzò l’occhio al biondino.
“Veramente, pensavamo di tornare in albergo a riposare” intervenne Marco.
“Così presto?” sulle labbra del bavarese apparve un sorrisetto.
“Sono molto stanco, Gedeon, sarà per un’altra volta” replicò Marco lanciando una fugace occhiata al suo compagno.
“La notte è giovane, ragazzi” appoggiò una mano sul braccio di Gabriel “ e va bene, non insisto ma, Gabriel devi promettermi che una sera di queste verrai con me in un locale che conosco”
“Te lo prometto!” Gabriel abbozzò un sorriso, ma il suo tocco lo turbava.
Gedeon insistette per pagare il conto per tutti e tre, poi insieme uscirono all’aria fresca. Marco inspirò felice di non trovarsi più al chiuso.
“Siete sicuri di non voler venire?” si accese una sigaretta, poi con la mano fermò un taxi che stava passando.
I due annuirono, Gedeon attirò Gabriel in un abbraccio “Se cambi idea sai dove trovarmi”
A quelle parole ebbe un fremito, ma cercò di fare finta di niente “A domani”
“Ciao, Marco” strinse anche lui tra le braccia, poi s’infilò nel taxi.
Una volta soli, Marco gli prese la mano “Andiamo, amore”
“Taxi?”
“No, camminiamo” gli occhi azzurri brillavano.
Gabriel annuì e insieme s’incamminarono verso l’albergo.

martedì 1 giugno 2010

Il terzo incomodo 1 (NC17)



Personaggi: Gabriel Merz, Marco Girnth, Gedeon Burkhard
Rating: NC17
I personaggi non mi appartengono, la storia e gli avvenimenti sono tutto frutto della mia invenzione o per meglio dire, mente malata.
Un grazie speciale alla mia editor e socia Giusi per la sua pazienza e il suo ottimo lavoro.

1

2007 Colonia

In una calda giornata di primavera, Gabriel Merz sedeva al tavolino di un bar, nel centro di Colonia. Bicchiere di whiskey in mano e sguardo sognante. Si trovava in città da appena tre giorni, ma già gli mancava Berlino. Il suo agente gli aveva procurato l’audizione per un ruolo in Alarm fur Cobra 11 e lui non ci aveva pensato due volte ad accettare. Sapeva che era un’occasione da non perdere. Il suo personaggio si chiamava Erik Gehlen ed era un trafficante di ragazze, nonché spietato assassino. Un ruolo diametralmente opposto a quello ricoperto per cinque anni in Soko Leipzig.
Un cameriere portò la sua ordinazione, una pasta al cioccolato. Gabriel l’addentò mugolando di piacere. Si disse che se la meritava dopo tutte quelle fatiche e che non gliene importava niente della dieta che avrebbe dovuto seguire per non aumentare la pancetta che cominciava a fuoriuscire dalla camicia costosa. Gli occhi saettavano dal cellulare al dolce che stringeva in mano. Attendeva una chiamata molto importante e ogni tanto lo sguardo cadeva sul display. Molte cose erano accadute da quando aveva abbandonato Soko: il trasferimento a Berlino, la fine del rapporto con la madre dei suoi figli e l’inizio della relazione con il collega Marco Girnth.
Era proprio lui che attendeva quel giorno. Sperava di sentire squillare il cellulare da un momento per sentire la sua voce all’altro. Quel giorno sarebbe giunto a Colonia e lui non vedeva l’ora di rivederlo. Erano trascorsi quasi tre mesi dall’ultima volta che erano stati insieme.
Gabriel tamburellò nervosamente le dita sul vetro del tavolino, ma in quel momento il telefonino vibrò e il display si accese. Si affrettò a rispondere e nell’istante in cui sentì la sua voce, le labbra si aprirono in un sorriso malizioso: “Sei arrivato?”
“Sì, sono alla stazione, dimmi dove sei e ti raggiungo”
Gabriel glielo spiegò, poi pagato il conto, si diresse verso il set. Avendo altre due scene da girare, lo avrebbe atteso lì,
Una Ferrari testa rossa era parcheggiata accanto al marciapiede. Attendeva di essere guidata dal famoso attore Gedeon Burkhard il quale indugiava appoggiato allo sportello. Il suo personaggio nel telefilm era un uomo d’affari amico di Erik, ambiguo e dalla doppia vita. In realtà la sua identità era tutt’altro che chiara. Gabriel gli si avvicinò scrutandolo con attenzione e considerò che Gedeon era davvero un uomo attraente: grandi occhi chiari, capelli scuri e pelle candida. La maglia nera che portava fasciava il torace ben modellato, mentre le gambe lunghe e sode erano celate da pantaloni di una tuta. Completava il suo abbigliamento un cappellino da baseball. Gabriel, invece, dato il suo personaggio, portava un completo grigio con camicia nera lasciata semi aperta.
“Ehi, Gabriel, dove sei stato?” assestandogli una leggera pacca sulla spalla Gedeon gli fece un sorriso sghembo.
“Al bar, avevo bisogno di qualcosa di dolce”
“Che voglia” si leccò le labbra fissandolo con uno strano sguardo “potevi chiamarmi. Adoro i dolci”
“Beato te che puoi permetterteli senza problemi, da quando sono a Colonia, ho messo su un bel po’ di chili”
“Non dire sciocchezze, stai benissimo” lo sguardo del bavarese vagò lungo il corpo di Gabriel, poi avanzò di qualche passo “Dopo, ti va di dividere un muffin al cioccolato con me?”
“Ho un appuntamento” replicò l’altro sorpreso da quell’invito, durante i giorni precedenti lo aveva trattato con indifferenza tanto da fargli pensare di non essergli simpatico.
Gedeon sembrò dispiaciuto “Peccato, sarà per la prossima volta” le labbra carnose del bavarese si aprirono in un sorriso “senti, non è che il tuo appuntamento ha un’amica?”
Gli strizzò un occhio e Gabriel arrossì “Non si tratta di una ragazza, ma di un amico, è di passaggio a Colonia e…”
“Non dire altro, capisco” Gedeon accese una sigaretta continuando a scrutarlo “sai, ti sta davvero bene quest’abito, il nero e il grigio ti donano particolarmente”
“Grazie”
Il regista fece segno di mettersi ai loro posti e Gabriel si diresse verso il ristorante nel quale doveva girare la sua scena. Quando entrò, al tavolo trovò due bionde mozzafiato che da sotto le ciglia super truccate, lo guardavano ammiccanti. In attesa del via, lui sedette circondando le spalle delle giovani con le braccia.
Quella alla sua destra gli sussurrò qualcosa all’orecchio e Gabriel ridacchiò, quella puttanella stava mettendo a dura prova la sua fedeltà nei confronti di Marco.


Marco Girnth raggiunse in taxi il set e lo trovò transennato. Guardandosi intorno, scorse una Ferrari testa rossa parcheggiata accanto al marciapiede e decine di persone che si muovevano come se avessero fretta di arrivare da qualche parte. Di Gabriel però, neanche l’ombra. Marco attraversò la strada, avvicinandosi al ristorante che sembrava brulicare di addetti appartenenti alla troupe. Si rese conto di essere piombato sul set giusto in tempo per la pausa tra un ciak e l’altro. Quando finalmente scorse Gabriel, il cuore cominciò a galoppare. Gli sembrò stupendo, seduto a quel tavolo, così elegante in quel completo. Accanto a lui un altro uomo dall’aria familiare. Anch’egli era di una bellezza travolgente, ma diversa da quella del suo Gabriel. Guardandolo con maggiore attenzione, lo riconobbe: si trattava Gedeon Burkhard, un attore bavarese con il quale entrambi avevano lavorato, un paio di anni prima, in Soko Leipzig, Marco notò con fastidio che Gedeon poggiava la mano affusolata sul braccio di Gabriel, ma non appena incontrò i suoi occhi scuri, anche quel pizzico di gelosia gli sembrò non solo fuori luogo, ma decisamente sciocca.
Vide Gabriel scusarsi con Gedeon e raggiungerlo all’esterno. Una volta uno di fronte all’altro, si fissarono con desiderio e amore senza osare rompere, con futili parole, l’atmosfera.
Marco lo osservò con attenzione, poi senza preavviso scoppiò a ridere.
“Che ti prende?” domandò Gabriel stupito da quella reazione. Non era certo l’accoglienza che si aspettava.
“Che hai fatto ai capelli?” indicò la chioma scura piena di gel.
“Non sai che fatica per tenerli giù!” replicò offeso.
“Sì, ma sono ridicoli!” Jan continuò a prenderlo in giro.
“Lo so” arrossì imbarazzato. “ma questa pettinatura è parte del mio personaggio”
“E chi sarebbe? Un magnaccia?”
Gabriel sgranò gli occhi“ Come lo hai capito? Dì la verità, hai seguito le riprese?”
“No, è che così mi sembri un pappone”
“Lo sono” ghignò maligno.
“Sei lo stesso terribilmente sexy” Jan accorciò le distanze.
Gabriel allungò un braccio a carezzare il colletto della polo, poi lo attirò a sé “Che aspetti a salutarmi come si deve, Marco?” e lo strinse con forza.
Ricambiando con altrettanto trasporto l’abbraccio, Jan affondò il volto nel suo collo “Mi sei mancato da impazzire”
“Amore mio” Gabriel sussurrò con un tono di voce impercettibile.
Restarono così, uno tra le braccia dell’altro per un bel pezzo, poi finalmente si staccarono: “Ho ancora da fare, Marco, ma spero di cavarmela con poco”
“Resterò in disparte a osservarti”
Mentre chiacchieravano Gedeon si avvicinò alla coppia, sulle labbra un sorriso: “Guarda chi c’è, Marco Girnth, non ti avevo riconosciuto”
“Ciao, Gedeon” gli porse la mano “non sapevo fossi anche tu in Alarm”
“Questo è il mio primo episodio, devo sostituire uno dei protagonisti” e indicando Gabriel sghignazzò: “ucciso da questo brutto ceffo”.
Marco sgranò gli occhi “Da te?”
“E sì, sono un cattivello” ridacchiò Gabriel.
“Un bastardo figlio di puttana, lasciatelo dire” Gedeon gli appoggiò la mano sulla schiena e avvicinò il viso al suo “ma dannatamente affascinante”
Rendendosi conto che stava flirtando con Gabriel, Marco alzò un sopracciglio,
“Dai, Gabriel muoviamoci” continuò a toccarlo, poi si rivolse all’altro attore “piacere di averti rivisto, Marco”
“Ci vediamo dopo” lo salutò Gabriel seguendo Gedeon.
Marco era geloso marcio, ma una volta soli gli avrebbe fatto capire che era solo suo. Si appoggiò ad un muretto per seguire i due attori recitare: Gedeon uscì dalla Ferrari e si diresse nel locale nel quale Gabriel lo attendeva abbracciato alle due bionde. Aveva davvero uno sguardo da duro.
Marco si eccitò, non lo aveva mai visto così deciso e freddo e gli occhi scuri sembravano davvero calcolatori e crudeli. Concluse che Gabriel era un attore eccezionale.
Mezz’ora dopo il regista concesse alla troupe di andare via, Gabriel lo raggiunse “Allora, che ne pensi?”
“Bravissimo, quel tuo sguardo mette davvero paura”
“Non prendermi in giro”
“Io dico sul serio, è davvero sexy” accorciò la distanza tra loro.
Gedeon si avvicinò e i due furono costretti ad allontanarsi “Ragazzi, vi va di bere una cosa?”
Marco stava per rispondere di andarsene al diavolo perché Gabriel era occupato con lui, quando l’amico lo precedette “Grazie, ma non possiamo. È da tanto che non ci vediamo, abbiamo molto di cui parlare”
“Certo” replicò l’altro accedendo una sigaretta, lo sguardo passò da uno all’altro. Malizioso aggiunse “non intendevo essere di troppo. Ci vediamo domani, Gabri. Ciao, Marco, piacere di averti rivisto” e si allontanò lasciandoli nuovamente soli.
Marco appoggiò le mani sui fianchi “Non mi piace quel tizio, si prende troppa confidenza”
“Cosa?”
“Ti ha puntato!”
Gabriel scoppiò a ridere “Sei geloso di Gedeon Burkhard? Siamo colleghi, abbiamo molte scene insieme. Nella finzione siamo… amici, se così si può dire”
“Perché?” Marco era sempre più stranito.
“Perché uno come Erik non ha amici veri, non sa cosa sono i sentimenti. È spietato e senza cuore”
“E ti riesci bene interpretare un individuo del genere?”
“Abbastanza” ridacchiò “Andiamo” afferrò Marco per un braccio.
“Dove?” si lasciò trascinare via.
“Il mio albergo è qui vicino”
Marco prese il suo borsone e lo seguì impaziente.

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venerdì 14 maggio 2010

mercoledì 21 aprile 2010

lunedì 19 aprile 2010

L'ultima scena Epilogo




Pairing: Gabriel Merz - Marco Girnth
Rating: NC17
Spoiler: Sesta stagione (più o meno)
Questa storia è completamente frutto della mia immaginazione e non c’è niente di vero.


Epilogo

Quando raggiunsero il set le riprese poterono cominciare, il regista era alterato per il ritardo e si calmò solo quando fu dato il via. Gabriel, che doveva attendere una mezz’ora prima di entrare in scena sedette in disparte.
Incrociò le braccia al petto e seguì le riprese senza staccare gli occhi da lui. Lo amava da impazzire e non riusciva ancora a capacitarsi che fosse stato suo, anche solo per una notte.
“Stop!” urlò la voce del regista.
Gabriel si riscosse dai suoi pensieri. Sorrise a Melanie quando si avvicinò “Tutto bene, Gabriel? Sembri lontano anni luce”
“Stavo solo pensando”
“A quando sarai lontano da qui?” gli appoggiò una mano sulla spalla.
“Mi mancherete molto, Mel”
“Anche tu. A proposito, che fine avete fatto, ieri sera?”
“Come?” la fissò stupito.
“Tu e Marco siete sgattaiolati via”
“In realtà, dovevamo chiarire un po’ di cose”
“Ci siete riusciti? Marco sembrava particolarmente triste”
“Sì, diciamo di sì” le rivolse un sorriso “l’ho ospitato per la notte, abbiamo avuto modi di…”si bloccò alla ricerca del termine più adatto “parlare e confrontarci”
Immagini di loro due avvinghiati nel letto lo eccitarono come non mai.
“Sono contenta, siete grandi amici e mi dispiacerebbe se doveste allontanarvi”
Gabriel non replicò, mentre lo sguardo andava all’amante che in quel momento scherzava con Andreas.
Marco lo guardò con un’intensità tale da provocargli i brividi lungo la schiena.
Lo desiderava, ne era certo. Questa consapevolezza gli fornì la forza necessaria per girare.
Ben presto anche quella giornata interminabile ebbe fine e tutti furono liberi di andare via. Gabriel si diresse verso Marco per chiedergli di tornare a casa con lui per divertirsi un po’, ma sembrava impegnato con Paula. Lei sembrava pendere dalle sue labbra, rideva alle sue battute e lo fissava in estasi. Gabriel li fissò geloso quasi come un fidanzato tradito, ma Marco non gli apparteneva, era sposato, non aveva alcun diritto su di lui. Questa consapevolezza lo sconvolse.
Marco lo vide avvicinarsi e gli sorrise “Ciao, Gabri”
“Ciao, andiamo?” poi posò gli occhi scuri su Paula “Ciao, piccola”
“Salve, signor…” poi ricordò che le aveva chiesto di dargli del tu e si corresse “Gabriel, volevo fare i complimenti ad entrambi, queste ultime scene sono state davvero toccanti”
“Grazie, Paula” Marco le rivolse un sorriso che la costrinse ad abbassare lo sguardo verso i propri piedi.
“Di niente, io dico solo la verità. Siete due attori eccezionali e Gabriel ci mancherai” gli strinse timidamente la mano, poi sgattaiolò via
Gabriel l’osservò allontanarsi, poi puntò le iridi scure su Marco “Allora? C’è qualcosa che devi dirmi?”
“Come?” aggrottò la fronte
“Cosa c’è tra voi? E non dirmi niente perché non ci credo”
“Sei geloso?” le labbra si aprirono in un sorrisetto
Gabriel s’irrigidì e Marco sospirò “Non devi”
“Perché non dovresti volerla, è carina, disponibile, dolce”
“Ma non è te” lo sorprese.
Gabriel si rese conto che il desiderio era ritornato prepotentemente a farsi sentire, non resisteva più senza toccarlo, baciarlo “Vieni” gli afferrò un braccio trascinandolo via.
Gli occhi azzurri del collega s’illuminarono, lo seguì all’esterno. Entrarono nel camper di Gabriel che si chiuse la porta alle spalle.
In un attimo gli fu addosso baciandolo con ardore. Marco rispose, circondandogli le spalle con le braccia e attirandolo verso di sé. Si mossero fino al divano, Gabriel lo spinse supino, senza smettere di divorargli le labbra. Lo sovrastò con il suo corpo, le mani si insinuarono sotto la maglia alzandola “Marco, è stato il mio unico pensiero per tutto il giorno”
“Chiudi a chiave, Gabri” sussurrò, lo desiderava da impazzire, ma non poteva rischiare che qualcuno li sorprendesse.
Un’ora dopo Marco uscì dal camper, infilando il cappotto, si voltò un’ultima volta poi si avviò verso la sua auto
Gabriel l’osservò allontanarsi dalla finestra, avevano fatto l’amore come se si fosse trattato di un addio. Sentiva che, nonostante le promesse di rivedersi e di restare insieme, la loro vita sarebbe diversa da quel momento in poi.

sabato 17 aprile 2010

giovedì 15 aprile 2010

giovedì 8 aprile 2010

domenica 28 marzo 2010

L'ultima scena capitolo 4 (vm 18)



Capitolo 4


Pairing: Gabriel Merz - Marco Girnth
Rating: NC17
Spoiler: Sesta stagione di Squadra speciale Lipsia
Questa storia è completamente frutto della mia immaginazione e non c’è niente di vero.

La luce filtrò dalle finestre colpendo il viso di Marco. Riaprì gli occhi stiracchiandosi, e fu allora che ricordò di avere qualcuno accanto. Sorrise, non aveva sognato nulla. Strisciò verso Gabriel, era steso sulla pancia con le braccia sotto il cuscino. Scostò il lenzuolo e lo baciò dietro la nuca.
Lui si mosse leggermente, senza svegliarsi, poi scese lungo la schiena posando una scia di piccoli baci.
Lo udì mugugnare. Era un invito a continuare.
Lo accarezzò con la punta della lingua strappandogli un lamento. Adorava il sapore della sua pelle, non si sarebbe mai stancato di gustarlo.
“Marco” gemette Gabriel, la testa era ancora affondata nel cuscino “non ti fermare”
“Ti ho svegliato?” gli domandò senza smettere la sua dolce tortura.
“Secondo te potrei mai dormire con questo trattamento?” si voltò a guardarlo.
Gli occhi neri incontrarono i suoi “A cosa devo tutto questo?” sorrise.
“Deve esserci per forza una ragione?” risalì con le labbra fino al collo “Eri così invitante, non ho resistito”
Mordicchiò il lobo “Questa notte è stata stupenda, Gabri”
“Non ne ricordo una migliore” Gabriel si girò, i loro visi si sfiorarono “Vorrei fosse ancora buio”
“Perché?”
“Per non dovermi alzare da questo letto” circondò la vita con un braccio “non mi va di andare sul set”
“Cazzo!” imprecò Marco “Che ore saranno?”
“Non preoccuparti, è presto” controllò la sveglia, erano solo le otto “Restiamo ancora qui, abbracciati. Lasciamo il mondo fuori”
“Mi ricordi sempre più Miguel Alvarez, Gabri” lo rimproverò.
“Mi pare il minimo, l’ho interpretato per cinque anni” replicò l’altro “ormai me lo sento addosso come una seconda pelle”
“Scansafatiche come lui” ridacchiò il biondo.
“Come osi?” lo spinse contro il materasso. Gli sedette in grembo “Ritira subito quello che hai detto!”
“No, è vero!”
“Brutto…” gli si pressò contro.
“Che vuoi fare, ora?” lo guardò con lussuria.
“Sei un insolente” Gabriel si sporse verso di lui baciandolo con ardore “dovrò punirti”
“Sì” ridacchiò “e come?”
“Vedrai, tesoro” gli bloccò le braccia dietro la testa. Lo baciò ancora catturandogli il labbro carnoso con i denti “ti farò impazzire”
“Gabri” ansimò inarcando la schiena.
“Lasciati andare, amore” scivolò tra le gambe allargandole con le sue “voglio scoparti, ancora e ancora”
“Anche io, ma…”
“Nessun ma” replicò “questi momenti sono preziosi e non voglio sprecarli”
Tornò a baciarlo, ma proprio in quel momento un cellulare squillò da qualche parte nella stanza.
“Dannazione” imprecò Gabriel “chi cazzo è che rompe a quest’ora?”
“Deve essere il mio” Marco allungò una mano per prendere il telefonino dalla tasca dei pantaloni.
“Potevi anche spegnerlo”
“Pronto?” rispose, poi impallidì “Ciao, tesoro”
Gabriel represse un moto di stizza, era sua moglie.
“Sì, mi sei mancata anche tu”
“Stronzo” sibilò il moro a bassa voce, poi ghignò.
Gli avrebbe giocato un bello scherzetto. Lasciò scivolare la mano tra le gambe accarezzando l’interno coscia.
Marco fremette fissandolo sconvolto. Che stava combinando? Gabriel continuò a salire. Sfiorò lo fessura tra le natiche, mettendo a dura prova la pazienza del suo amante.
Era deciso a farlo impazzire di piacere. Disegnò dei cerchi evitando di proposito l’apertura. Nei suoi occhi lesse desiderio e sorrise. Spinse l’anulare all’interno.
Marco gemette, chiudendo gli occhi.
Gabriel mosse il dito dentro e fuori, senza sosta.
“Io? Mi sto preparando per andare sul set”
Gabriel ridacchiò nel sentirgli accampare le scuse più assurde. Continuò la sua tortura, Marco era così invitante in quella posizione, con le gambe aperte e la fessura tra le natiche ad un soffio dal suo viso. Estrasse il dito. Gli alzò leggermente le gambe, avvicinando le labbra. Lo sfiorò con la lingua. Marco inarcò la schiena, poi lo fissò con gli occhi sgranati. Stava davvero superando il segno, quell’insolente.
Leccò, prima lentamente, poi sempre più veloce. Voleva farlo venire con la bocca. Si spinse all’interno, lo sentì irrigidirsi. Sorrise.
Intanto Marco aveva ancora il cellulare appoggiato all’orecchio. Le gote erano arrossate e le palpebre socchiuse per il piacere “Mi ha ospitato Gabriel per la notte, tesoro. Te lo saluto, certo. Sì, glielo dirò”
Gabriel alzò la testa sentendo pronunciare il suo nome, poi ricominciò a premere dentro e fuori la lingua. La mano circondò il membro ormai in erezione. Cominciò a masturbarlo con impegno.
Marco si morse il labbro inferiore “Amore, ora ti lascio. A stasera, ciao” la salutò prima di chiudere la comunicazione.
“Brutto…” sibilò lanciando il cellulare sul letto “Era Katja, sei forse impazzito?”
Gabriel rise “Vuoi dire che non ti piace?”
“Non è questo il punto”
“E qual è il punto?” domandò senza smettere di toccarlo.
“Che stavi per farci scoprire” la voce gli venne meno per un istante “Cazzo, Gabri, non smettere”
Lo accarezzò sempre più velocemente fino a quando non spillò il seme sul suo torace.
Ansimò “Sei un cialtrone”
Gabriel risalì lungo il suo corpo e lo baciò “Nemmeno un grazie?”
“Grazie” non riusciva ad essere arrabbiato con lui.
“Prego” ridacchiò “Cosa voleva la mogliettina?”
“Salutarmi” rispose cercando di riprendersi dall’orgasmo.
“E ha interrotto la nostra…” s’interruppe per un istante “ginnastica solo per salutarti?”
“Sì”
“Sarà, ma secondo me, voleva controllare se avevi l’amante”
“Stupido” gli sferrò un piccolo scappellotto dietro la nuca.
“Ahi, da quando sei così manesco?”
“Gabri, si sta facendo tardi, dobbiamo alzarci” Marco era sempre ligio al dovere.
“Voglio restare qui, con te. Non sono pronto a lasciarti andare via e a tornare alla realtà” gli circondò la vita con un braccio.
Marco sospirò e si lasciò andare “Che bella sensazione. Peccato ci siano solo due giorni per girare insieme prima che te ne vada” mormorò tristemente.
Gabriel non replicò e l’altro proseguì “Presto sarà tutto finito”.
Queste parole provocarono una reazione violenta nell’altro “Che vuoi dire?”
“Che tra pochi giorni tu lascerai Soko e…”
“E cosa?” gli occhi erano sgranati.
“Perché reagisci così?” non comprendeva il motivo per cui si stesse scaldando tanto.
“Come dovrei reagire? Stai dicendo che quando termineranno le riprese tra noi sarà tutto finito”
“Cosa? Stai forse scherzando? Io mi riferivo al lavoro. Davvero pensi di liberarti di me solo perché non gireremo più insieme?”
“Sei un pessimo bugiardo, Marco. Ho capito benissimo come stanno le cose” Gabriel fece per sgusciare via, ma lo fermò.
“Non hai capito niente, invece” voleva spiegargli che c’era stato un malinteso, ma lui non sembrava propenso ad ascoltarlo.
“Vado a fare una doccia” scattò giù dal letto, ma Marco gli bloccò un braccio “No! Dobbiamo parlare!”
“E di cosa?” lo strattonò liberandosi.
“Di noi, di questo” rispose triste “perché reagisci così?”
“E come dovrei reagire? Sorridere, mentre tu ritorni alla tua vita come se niente fosse accaduto?” era arrabbiato, ma allo stesso tempo, deluso.
“Non fare così” lo raggiunse “Hai frainteso, zuccone”
“Non credo proprio. La tua vita andrà avanti anche senza di me e la telefonata con Katja ne è la prova”
“Gabri, io…” non seppe come continuare. Provò una fitta in pieno petto.
Gabriel lo fissò con rabbia, poi lo spinse sul letto con forza.
“Cosa cavolo fai? Sei forse impazzito?” gli occhi azzurri erano sgranati.
In un attimo Gabriel fu su di lui attaccandogli la labbra. Lo baciò brutalmente, ficcandogli la lingua fino in gola.
Marco gemette, rispondendo con ardore. Il cuore gli batteva all’impazzata, non l’aveva mai visto così aggressivo.
Con una mano Gabriel gli allargò le gambe “Voglio scoparti” la bocca lambì il mento leccandolo e succhiandolo.
Marco ansimò, mentre Gabriel affondava il viso nel suo collo mordicchiandolo “Ti voglio da morire”
“Anche io” le braccia si strinsero intorno alle spalle.
Le labbra si incontrarono di nuovo dando il via ad un bacio appassionato. Gabriel lo penetrò con violenza.
Marco si lasciò sfuggire un grido, subito l’amante gli tappò la bocca con la sua.
Si mosse con decisione fino a fargli toccare il paradiso, con ogni affondo. Marco gli afferrò le natiche con entrambe le mani attirandolo maggiormente a sé. Il piacere che provava era immenso, lo sentiva possente dentro di sé. Gabriel era implacabile, il letto cigolò sotto il loro peso.
“Scopami! Più forte!”
L’altro obbedì aumentando la potenza dei colpi. Marco allacciò le gambe alla vita di Gabriel per agevolare la penetrazione. In estasi, ripeté il suo nome senza sosta. Gocce di sudore imperlavano i corpi dei due amanti e le labbra erano socchiuse.
Marco, all’ennesimo affondo, inarcò la schiena. Raggiunse l’orgasmo con un grido soffocato, Gabriel lo seguì subito dopo. Si accasciò senza forze sul suo petto. Il cuore batteva come impazzito. Era stato stupendo e si era un pò pentito di averlo preso con la forza, ma l’esperienza si era rivelata piacevole per entrambi.
Gabriel alzò la testa guardandolo con amore, ma anche con rimorso, forse la rabbia aveva preso il sopravvento “Scusa”
Marco gli sfiorò le labbra disegnandone i contorni “Dovevi essere per forza così violento?”
“Non so cosa mi sia preso”si giustificò “ma ti è piaciuto, non è vero?” lo provocò mordicchiando il dito
“Mi piace tutto quello che mi fai, Gabri” negli occhi una strana luce.
A quelle parole lui lo baciò spingendo la lingua all’interno. Il cervello smise di formulare pensieri coerenti e Marco si lasciò andare a quel bacio così coinvolgente.
Si staccarono per mancanza d’aria, Gabriel divenne improvvisamente serio “Sono un idiota per aver reagito in quel modo prima.”
“Tu sai quanto tengo a te” accarezzò una guancia “l’ultima cosa che voglio è troncare i nostri rapporti”
“Sei sposato” la sua voce fu quasi un sussurro “e io…quasi”
Marco abbassò la testa e il senso di colpa crollò su di lui come un macigno “Hai ragione. Mi sento un verme nei confronti di Katja, ma…” tornò a guardarlo “quello che provo quando sono con te è qualcosa che non riesco a controllare”
“Ti faccio impazzire di piacere, vero?” scherzò per sciogliere la tensione che si era creata.
“Stupido” sferrò uno scappellotto dietro la nuca.
“Dai, ammettilo!” insistette “Con me godi senza sosta” si piegò verso il petto. Posò una scia di piccoli baci.
Marco ansimò “Gabriel”
“Lasciami solo il tempo di recuperare e vedrai…” si morse il labbro inferiore.
“Sei insaziabile”
“Con te, sempre” leccò le gocce di sudore, assaporandone il gusto salato “non mi alzerei mai da questo letto”.
“Mi sento così bene tra le tue braccia” lo abbracciò lasciando scivolare le dita lungo la schiena nuda “non vorrei tornare alla realtà”.
“Marco? Ricordi la scena della morte di Miguel?”
“Come dimenticarla” rabbrividì “è stata la più difficile da girare”
“Le tue lacrime…”
“Erano vere” ammise.
Gabriel lo guardò incredulo, ma non replicò. Marco scosse la testa “Non chiedermi nulla”
Il cellulare squillò di nuovo rompendo quell’atmosfera ovattata e intima.
“Diamine, ma perché non lo spegni questo dannato aggeggio?”
Marco afferrò il telefonino. Rispose “Pronto? Sì, stiamo per arrivare”
“Tipico” mormorò Gabriel, doveva trattarsi della produzione.
“Non abbiamo sentito la sveglia” si giustificò
“Eravamo impegnati a scopare” mimò Gabriel.
“Dieci minuti” dichiarò Marco schiaffeggiandolo leggermente su una natica con la mano libera.
“Venti” lo corresse l’altro.
“Venti” ripeté Marco all’apparecchio, scuotendo la testa.
“Va bene, ciao” e chiuse la comunicazione.
“La prossima volta, spegnilo!” lo rimproverò.
“Dai, dobbiamo alzarci”
Gabriel sbuffò, ma a malincuore uscì dal tepore del letto e del corpo dell’amante e si diresse in bagno. Un attimo dopo la testa fece di nuovo capolino “Forse se facciamo la doccia insieme perderemo meno tempo”
Marco scoppiò a ridere, dopo un istante scattò in piedi e lo raggiunse.

giovedì 25 marzo 2010

Il bisbetico malato

SQUADRA SPECIALE LIPSIA
PAIRING: MIGUEL ALVAREZ-JAN MAYBACH
TIMELINE: SENZA VIA DI SCAMPO 3° STAGIONE
I PERSONAGGI NON MI APPARTENGONO.


Miguel giaceva, ad occhi chiusi, in un letto d’ospedale, un braccio fasciato, mentre nell’altro era inserita una flebo. Jan era seduto su una poltroncina, non lo aveva lasciato fin dal momento in cui lo avevano portato con l’ambulanza dopo aver rischiato di morire dissanguato. Gli avevano sparato in un tunnel abbandonato della metropolitana e poi era rimasto imprigionato insieme ad un complice fino a quando Jan non era riuscito a trovarlo. Se solo ripensava allo stato in cui era: sanguinante e privo di sensi. Aveva davvero pensato fosse morto quando lo aveva visto con gli occhi chiusi. Non poteva neanche concepire una vita senza Miguel, era troppo importante per lui. Non se ne era reso conto fino a quando non aveva rischiato di perderlo per sempre.
Allungò la mano per sfiorare la sua, era fredda. La strinse solleticando le dita, non sopportava di vederlo fermo in quel letto. Lo spagnolo si mosse, Jan sorrise quando gli occhi neri si aprirono e si puntarono su di lui.
“Ehi, mi hai fatto prendere un bello spavento”
“Cosa è successo?” Miguel cercò di tirarsi su, ma sibilò per il dolore.
“Non ti muovere, sei ferito” in un attimo gli fu accanto.
“Mi vuoi dire che ci faccio qui?” si guardò intorno rendendosi conto che si trovava in una stanza d’ospedale.
“Sei svenuto nell’ambulanza”
“Ah, giusto, mi hanno sparato. Come hai fatto a trovarmi?”
“Storia lunga, te la racconterò in un’altra occasione” sedette sul letto, gli sfiorò la fronte sudata e bollente “hai la febbre”
“Non esagerare, sto bene”
“Non è vero. Sei quasi morto dissanguato e ora hai la febbre alta” aggiustò le coperte, poi gli porse un bicchiere d’acqua “hai sete?”
Miguel lo scrutò con attenzione, sembrava davvero preoccupato. non lo aveva mai visto così premuroso e la cosa gli faceva piacere “Quando posso lasciare questo posto? Lo sai che detesto gli ospedali”
“Quando te lo dirà il dottore e non credo sarà molto presto” Jan continuava a toccarlo provocandogli delle vampate di calore lungo tutto il corpo.
“Mi dispiace” sussurrò Miguel.
Jan lo fissò stranito “Ti dispiace?”
“Per non essermi presentato. Ci tenevo a stracciarti a squash” sulle labbra apparve un sorriso furbetto.
“Sono stato un idiota, avrei dovuto capirlo che doveva esserti accaduto qualcosa. Non mi daresti mai buca ad una partita di squash”
“Non vedo l’ora di batterti”
“Sogna, Miguel” rise Jan “l’ultima volta ti ho fatto piangere”
“Cosa? Non inventarti storie”
Improvvisamente Jan divenne serio, gli strinse la mano e se la portò alla guancia “Non sai che paura ho avuto, Miguel”
L’ispanico fremette, Jan continuò “Quando ti ho visto in una pozza di sangue temevo fossi…” si bloccò cercando di trattenere le lacrime.
“Jan”
“Scusami, non so cosa mi sia preso” gli sorrise alzandosi “ora ti lascio riposare”
“No” lo attirò a sé “non andartene”
Jan fu ad un soffio dal suo viso “Non vuoi riposare un po’?”
“Riposerò quando sarò stanco, ho dormito fin troppo”
“Vuoi che resti con te, ancora?” Jan era più che contento di restargli accanto.
“Raccontami qualcosa, lo avete preso il bastardo che mi ha sparato? Ti rendi conto che ha scaricato quel povero ragazzo e lo ha lasciato in quei tunnel a morire?”
“Lo hai salvato, se non era per te forse sarebbe morto o starebbe ancora li” era orgoglioso del suo collega.
Miguel sogghignò “Sono un eroe”
“Ora, non esagerare” gli sferrò un piccolo buffetto sulla gamba,
“Mi ricorda come ero io alla sua età, sbandato e disposto a tutto per campare” si rattristò ricordando quel periodo così difficile del suo passato.
“Riposa”
Fece per allontanarsi, ma Miguel lo richiamò “Jan?”
Il biondo gli fu nuovamente accanto, pronto ad assecondare qualunque sua richiesta.
“Mi porteresti un bel panino, sto morendo di fame”
“Scemo” scosse la testa.
Miguel ridacchiò, addormentandosi subito dopo.
Jan lo guardò dolcemente, poi uscì dalla stanza.

martedì 23 marzo 2010

L'ultima scena capitolo 3 (vm 18)

Pairing: Gabriel Merz - Marco Girnth
Rating: NC17
Spoiler: Sesta stagione (più o meno)
Questa storia è completamente frutto della mia immaginazione e non c’è niente di vero.

Capitolo 3

Marco raggiunse in pochi minuti il palazzo di Gabriel, la sua auto era già lì, ferma accanto al marciapiede e lui era seduto all’interno. Faceva troppo freddo per stare fuori.
Parcheggiò poco distante e scese. Tamburellò contro il vetro con le dita, Gabriel alzò la testa e sorrise riconoscendolo. Aprì la portiera accorciando le distanze che li dividevano, erano alti uguale. I visi potevano quasi sfiorarsi “Ciao”
“Ciao” sussurrò Marco “ho fatto più presto che ho potuto”
“Saliamo” la mano scese a sfiorare la sua, le dita si intrecciarono.
Gli sguardi si incontrarono, il cuore batteva con violenza nel petto. Lo seguì fino al portone. Una volta in ascensore il moro invase lo spazio del collega schiacciandolo contro la parete “Sai, da quanto attendo questo momento, Marco?”
L’altro scosse la testa, sentiva le gambe venirgli meno, il contatto con il suo corpo rischiava di farlo impazzire.
“Dal primo momento ho sentito che c’era qualcosa tra noi, un’attrazione che...” avvicinò il viso al suo “…ho tentato di respingere, ma non c’è stato verso”
Marco gli accarezzò una guancia “Che stupido sono stato a non accorgermene”
“Sì, lo sei stato” ridacchiò prima di posare le labbra sulle sue.
Il biondo socchiuse la bocca lasciando entrare la lingua che incontrò la sua. I loro gemiti erano gli unici suoni che si potevano udire all’interno della cabina. Si staccarono ansimanti, erano arrivati al loro piano. Le porte si aprirono, Marco infilò le dita nei capelli per riordinarli, Gabriel si sistemò la giacca, accorgimenti inutili: il pianerottolo era deserto.
Percorsero, uno accanto all’altro, la distanza che li separava dall’appartamento, le braccia si sfioravano causando scariche elettriche lungo la schiena. Gabriel cacciò le chiavi dalla tasca del giaccone e quando fu davanti la porta, le infilò nella toppa.
“Entra” lo invitò quando ebbe aperto. Accese la luce e Marco varcò la soglia seguito dal suo collega.
“Ti va qualcosa da bere?” gli offrì Gabriel.
“No, grazie” mormorò nervosamente, voleva essere lucido quando avrebbero fatto l’amore “Ti spiace se faccio una telefonata?” si sfilò il cappotto appoggiandolo sul divano
“No, certo. Fai con comodo. Io vado un attimo di là”
Prese il cellulare dalla tasca e chiamò la moglie per avvertirla che avrebbe dormito a Lipsia. Aveva appena chiuso quando Gabriel ritornò “Tutto apposto?”
“Sì, nessun problema” gli rivolse un sorriso “Mi è sempre piaciuta casa tua, sai? Molto accogliente”
“Dici? È un appartamento da scapolo” alzò le spalle “Una volta a Berlino, credo ne comprerò uno più grande così potrò risolvere le cose con…” si morse la lingua, non voleva parlare della sua ragazza. Non davanti a marco. E poi, non era neanche sicuro che sarebbe riuscito ad appianare la situazione. Lo avrebbe fatto solo per i loro figli.
Marco annuì fingendosi indifferente “Sono contento che almeno vivremo nella stessa città”
Si avvicinò a Gabriel “Voglio fare l’amore con te”
“Anche io, Marco” ansimò, avvertiva l’alito caldo sulla pelle “ma non posso fare a meno di pensare che abbiamo entrambi qualcuno nella nostra vita”
“Hai ragione, sono un dannato egoista” il pensiero andò a lei che lo attendeva a casa e si rese conto di quello che stava per fare. Sette anni di matrimonio e nessun tradimento, poi un collega pieno di fascino e dallo sguardo sexy riusciva a fargli perdere il controllo “mi dispiace”
Indietreggiò di un passo “Sarà meglio che me ne vada” aggiunse afferrando il cappotto.
“No, resta” sussurrò Gabriel “non andare via”
Marco lo guardò con i suoi grandi occhi azzurri “Non posso, non riuscirei a restarti accanto, questa notte, senza fare l’amore con te”
“Mi dispiace di averti incasinato la vita, non avrei dovuto confessarti quello che…”
“Non dirlo, Gabri” sfiorò la guancia del compagno “io provo le stesse cose, è solo che…” s’interruppe.
“Hai una famiglia, lo so, anche io ho una compagna, dei figli” abbassò la testa “avrei dovuto riflettere prima di baciarti confondendoti le idee”
“No, non dirlo. Sono felice tu l’abbia fatto” Marco lo sorprese
“Davvero?”
Per tutta risposta Marco posò le labbra sulle sue baciandolo dolcemente.
“Marco” sussurrò Gabriel ansimando, anche quel solo sfiorarsi aveva scatenato in lui un desiderio inarrestabile. Lo attirò a sé baciandolo di nuovo.
Marco lo schiacciò contro la parete tirandogli fuori la camicia dai pantaloni. Insinuò le mani all’interno aprendo con forza. I bottoni si sparsero sul pavimento “Scusa, te la ricompro”
“Che si fotta” ansimò Gabriel infilando le dita nei capelli biondi “vieni qui”
S’impossessò nuovamente delle sue labbra, il suo sapore era inebriante. Gli sembrava un sogno trovarsi tra le sue braccia.
Marcò lasciò scivolare la camicia sul pavimento. Accarezzò il torace con il palmo delle mano, Gabriel si sentì invadere da un‘ondata di calore.
“Mio dio, Marco”chiuse gli occhi quando le dita sfiorarono il ventre fino all’ombelico. Gli sbottonò i jeans introducendosi all’interno dell’indumento.
Gabriel trattenne il fiato, dio solo sapeva da quanto tempo desiderava tutto questo. Marco s’inginocchiò circondando il suo membro pulsante e bisognoso di cure, era la prima volta che si trovava in quella situazione e il nervosismo rischiava di rovinare quei momenti così preziosi.
“Piccolo, non devi fare nulla che tu non ti senta, non voglio costringerti”
“Ho paura di non essere all’altezza” confessò l’altro timoroso “di deluderti”
“No” gli alzò il viso “non potresti mai deludermi”
“Voglio che sia tutto perfetto” Marco si morse il labbro inferiore, poi sfiorò l’erezione con la punta della lingua.
Gabriel sentì le gambe venire meno, il cuore batteva come impazzito nel petto “Lo è”
Marco sorrise e lo accolse nella sua bocca calda. Voleva dargli il maggior piacere possibile.
Gabriel ripeté senza sosta il suo nome, le dita si strinsero maggiormente attorno ai suoi capelli tirandoli, mentre lui continuava a succhiare e a leccare. In pochi istanti lo portò all’orgasmo.
“Mio dio” ansimò il moro appoggiandosi pesantemente contro la parete “sei certo di non averlo mai fatto?”
L’altro ridacchiò, si rialzò in piedi e lo baciò dolcemente “Sono un talento naturale, tesoro”
“Ti voglio!” esclamò con lussuria “Andiamo in camera”
“Non aspetto altro, Gabri” sorrise malizioso “voglio sentirti dentro di me”
Gabriel lo trascinò nell’altra stanza e lo spinse supino sul letto “Sei tutto mio, ora”
Si tolse i jeans e i boxer e li lanciò lontano. Marcò lasciò vagare lo sguardo lungo il suo corpo maschio, gli occhi brillarono di eccitazione all’idea di averlo dentro di sé.
Gli porse un braccio e Gabriel lo raggiunse stendendosi su di lui e pressandolo contro le lenzuola “Sei troppo vestito”
“Spogliami tu”
Gabriel ridacchiò ed obbedì sfilandogli il maglione. Lo lasciò cadere a terra. Sfiorò la pelle candida, avvicinò il viso e vi posò una scia di baci “Adoro il tuo sapore”
Marco ansimò “Non fermarti”
“Non ne ho alcuna intenzione, dolcezza, questo non è che l’inizio” gli promise sorridendo malizioso.
Le dita scesero lente lungo il corpo accarezzando ogni centimetro di pelle. Marco fremette e inarcò la schiena quando Gabriel lambì l’ombelico. Raggiunse i pantaloni, percorrendo il bordo poi sbottonò un bottone dopo l’altro.
Improvvisamente, si bloccò.
“Che c’è?” protestò Marco.
“Mi sembra così strano essere qui con te” confessò guardandolo con dolcezza “di sfiorarti, baciarti e…” un nodo in gola non gli permise di terminare la frase.
“E cosa? Non dirmi che il grande Gabriel Merz è a corto di parole” lo prese in giro.
“Sfotti, sfotti, ma io parlo sul serio” mise il broncio.
Era così tenero, sembrava quasi un bambino. Marco sentì il desiderio di stringerlo a sé e di coccolarlo “Scusa, continua quello che volevi dire”
Gabriel sospirò pesantemente “Se mi avessi lasciato finire, avrei detto che mi sembra strano essere qui con te sul punto di fare l’amore e che tu mi abbia appena fatto il più grandioso pompino di tutta la mia esistenza”
Marco arrossì “Hai ragione, io devo ancora realizzare che non sia ancora un sogno” lo attirò a sé.
Posò le labbra sulle sue baciandolo affamato, avevano perso fin troppo tempo.
Gabriel gli succhiò la lingua, poi scese verso il mento “Non è un sogno, siamo qui insieme e questa è l’unica cosa che conta davvero”
“Prendimi, Gabri. Voglio essere tuo, completamente” implorò quasi.
“Sei sicuro? Se hai cambiato idea io…”
Per tutta risposta Marco appoggiò un dito sulle labbra del compagno inducendolo a tacere.
“Questa notte è solo per noi e desidero fare l’amore con te”.
La gioia apparve negli occhi di Gabriel. La mano scivolò tra le sue gambe e terminò di sbottonargli i pantaloni. Li calò insieme alla biancheria. Lasciò vagare lo sguardo lungo suo il corpo, leccandosi le labbra. Era così bello il suo Marco.
L’altro lo fissò interrogativo, cosa stava aspettando?
“Sei perfetto” sussurrò “e sei mio” lo baciò ancora fino a farlo restare senza fiato.
Marco calciò via i pantaloni e i boxer e, una volta libero da intralci, allargò le gambe. Gabriel s’insinuò, le dita sfiorarono la fessura vergine tra le natiche.
Ne spinse uno all’interno strappandogli un debole lamento “Ti faccio male?”
“Continua” strinse le labbra, poteva resistere.
Gabriel mosse il dito dentro e fuori, aumentando il ritmo. Marco gemeva senza sosta, incitandolo a continuare. Aggiunse un secondo dito.
”Sì” urlò inarcando la schiena “non resisto più. Scopami, ora!”
Il moro sorrise. Allungò una mano e aprì il primo cassetto del comodino. Prese un preservativo dalla scatola. Strappò l’involucro. Lo indossò velocemente, poi posizionò il membro all’entrata. “Cercherò di fare il più piano possibile, ma non posso prometterti che non farà male. È doloroso.
Gabriel provò a spingersi in lui, ma un lamento lo costrinse a ritrarsi. Riaprì il cassetto ed estrasse un tubo di crema. Spalmò un po’ del contenuto e gli premette un dito tra le natiche.
Marco gemette inarcando la schiena. Gabriel era teso, non voleva fargli del male o peggio che serbasse un terribile ricordo della loro prima volta insieme.
“Sei pronto?” gli sussurrò.
Marco annuì guardandolo con desiderio. Gabriel entrò in lui lentamente. Dopo un attimo cominciò a muoversi strappandogli un altro gemito. Questa volta non si fermò, auspicandosi che presto il dolore si sarebbe tramutato in estasi.
Aumentò il ritmo delle spinte, Marco inarcò la schiena e chiuse gli occhi. Il dolore era insopportabile. Improvvisamente qualcosa cambiò, il pene stimolò un punto particolarmente sensibile provocandogli un’ondata di piacere che si propagò in tutto il corpo. Allacciò le gambe alla vita e gli portò le braccia intorno al collo “Gabri” sussurrò “è…”
“Cosa, piccolo? Troppo doloroso? Vuoi che smetta?”
“Non ti azzardare!” sibilò con occhi colmi di desiderio “È stupendo. Più veloce”
Gabriel sorrise e lo accontentò aumentando il ritmo dei suoi colpi.
“Scopami, Gabri, voglio sentirti fino in fondo”
Si piantò profondamente in lui penetrandolo con forza, Marco conficcò le unghie nella carne fino a farlo sanguinare e strinse maggiormente le gambe attorno alla vita.
“Sai, cosa mi piacerebbe?” Gabriel si sporse in avanti e gli mordicchiò il lobo dell’orecchio.
“Dimmelo!” gli ordinò.
“Che mi chiamassi Alvarez, anzi, meglio, commissario Alvarez. Mi piace da impazzire quando lo dici”
Marco lo fissò sorpreso, poi sulle labbra apparve un sorrisetto “Commissario Alvarez, la prego, mi scopi”
“Ripetilo!” era davvero su di giri.
“Com’è sexy, commissario Alvarez” ansimò “Voglio che mi scopi fino a spaccarmi in due”
“Come mi eccita sentirti parlare così” aumentò il ritmo.
“Sai cosa credo?” le iridi cerulee incontrarono quelle nere del suo amante “Che Jan volesse scoparsi Miguel e viceversa, ma non lo hanno confessato neanche a loro stessi”
A quell’affermazione Gabriel scoppiò a ridere “Lo credo anche io, ma ci pensi se avessero concretizzato i loro desideri?”
Marco ridacchiò “Ci saremmo divertiti molto di più a girare”
“Decisamente” Gabriel lo baciò con ardore, poi si spostò verso l’orecchio “Voltati, cambiamo posizione”
Uscì per un istante da lui, Marco si posizionò a carponi. Attese con impazienza.
Gabriel si portò alle sue spalle e, senza attendere oltre, lo penetrò con un colpo di reni.
Marcò urlò per quell’intrusione, poi, quando cominciò a muoversi, spinse all’indietro per assecondare i suoi affondi “Gabriel, mio dio”
“Ti ho detto di chiamarmi commissario Alvarez”
“No, preferisco il tuo vero nome” replicò “Voglio che tu sappia che sto scopando solo con te”
Il cuore di Gabriel perse i battiti, non poteva essere più felice “Ti desidero così tanto, Marco” lasciò scivolare una mano lungo la colonna vertebrale.
“Anche io, voglio sentirti con forza!” lo incitò “Dimostrami quanto mi vuoi”
Gabriel lo accontentò accrescendo il ritmo dei suoi colpi. Marco buttò la testa all’indietro, era vicino all’orgasmo. Si circondò il membro, ansimando. Gabriel gli schiaffeggiò la mano sostituendola con la sua “Ci penso io, dolcezza”
Il suo tocco delicato, ma, allo stesso tempo deciso, lo mandò in estasi. Ansimò, mentre Gabriel continuava a conficcarsi sempre più profondamente in lui.
“Sta per arrivare, vero, piccolo?” gli sussurrò “Lo sento che stai per toccare il picco”
“Sì, fammi venire, Gabriel” lo supplicò.
L’altro mosse la mano sempre più velocemente fino a quando Marco non spillò il suo seme con un grido soffocato.
Gabriel uscì e poi entrò un’ultima volta, prima di raggiungere l’orgasmo.
Si accasciarono sulle lenzuola, senza forze. Gabriel era ancora sepolto profondamente in lui. I cuori battevano come impazziti, i corpi madidi di sudore e i volti arrossati dal piacere e dallo sforzo.
“Ti amo, Marco” confessò Gabriel circondandolo con entrambe le braccia.
Nell’udire quelle parole Marco s’irrigidì.
“Scusami” Gabriel si rese conto di averlo turbato “dimentica quello che ho detto”
Gabriel uscì da lui, continuando a tenerlo stretto. Marco si voltò a guardarlo “Perché, non è vero?”
“Sì, lo è ma non volevo confessartelo in questo modo”
“Non riesco a credere che…” era talmente stupito che non riuscì a terminare la frase.
“Mi spiace. So che sei sposato, che non potrà mai funzionare tra noi però era giusto che tu lo sapessi” continuò “Per me non è stato solo sesso. Io ti amo e questa notte con te è stata…”
Marco si girò, i loro visi potevano quasi sfiorarsi “Stupenda” concluse al suo posto.
Gabriel sorrise, gli scostò una ciocca di capelli dalla fronte “Sei arrabbiato?”
“No, sarei arrabbiato se mi avessi usato solo per toglierti un capriccio”
“Non lo farei mai, ci tengo troppo a te” cercò le sue labbra “Ti amo” ripeté con un filo di voce.
Lo sovrastò con il corpo. In un attimo la passione li infiammò, Marco lo attirò a sé afferrandogli le natiche “Ti voglio, Gabri”
“Sei insaziabile” con un colpo fu nuovamente dentro di lui.
Quella notte sarebbe stata indimenticabile.

mercoledì 10 marzo 2010

mercoledì 24 febbraio 2010

L'ultima scena capitolo 2

Pairing: Gabriel Merz - Marco Girnth
Rating: NC17
Spoiler: Sesta stagione (più o meno)
Questa storia è completamente frutto della mia immaginazione e non c’è niente di vero.
Capitolo 2

Marco aprì gli occhi guardandosi intorno,l’aroma pungente del caffè lo aveva svegliato. Gli servì qualche minuto per realizzare che si trovava a casa di Gabriel. Un attimo dopo il collega fece capolino dalla porta con in mano una tazza fumante. Indossava solo un paio di boxer neri. Deglutì, ricordò il bacio della sera precedente. Si chiese se l’aveva solo sognato o se fosse accaduto realmente, ma era troppo vivida la sensazione provata.
“Giorno” gli porse il caffè e un sorriso disarmante “mi dispiace che tu abbia dormito sul divano, il letto è grande, potevamo anche dividerlo”.
“Non importa, avevi bisogno di riposare e con me accanto non ci saresti riuscito” sorrise “Come stai?” prese la tazza per poi sorseggiare lentamente la bibita calda “Ieri sei crollato subito”
“Sì, ero proprio cotto” ridacchiò sedendogli accanto “non ricordo nulla”
Marcò non voleva ammetterlo, ma era deluso non ricordasse quello che c’era stato tra loro.
“Non c’è molto da ricordare, ti ho riportato a casa, hai dato di stomaco, poi sei crollato semi vestito sul letto” gli comunicò omettendo il loro bacio, non voleva dirglielo, se non lo ricordava forse non aveva avuto alcuna importanza per lui.
“Sicuro non abbia fatto nulla d’imbarazzante?”
“Sicuro, sei crollato quasi subito” abbozzò un sorriso “Ora, è meglio che vada”
“Non vuoi fare una doccia? Hai dormito vestito?”
“In effetti, sì” rispose Marcò mordendosi il labbro “Grazie”
“Fai come se fossi a casa tua. Io vado a vestirmi così usciamo insieme” e si diresse verso la camera da letto “Ho lasciato la mia macchina agli studi” urlò prima di entrare nella stanza.
Marco si alzò e si recò in bagno, una doccia gli avrebbe fatto bene e gli avrebbe tolto dalla mente pensieri che non avrebbero portato altro che guai.


Giunse il giorno in cui dovevano girare la sequenza della morte di Miguel e tutti sul set erano elettrizzati, era una scena difficile e ogni cosa doveva essere preparata con cura. Marco era in un angolo, con la testa immersa nel copione. Detestava dover recitare quelle battute, piangere al capezzale del suo migliore amico e vederlo morire tra le sue braccia. Alzò lo sguardo, Gabriel era dall’altra parte della stanza, sembrava inquieto, ma allo stesso tempo concentrato. Sapeva quanto fosse impegnativo quel momento e voleva dare il meglio di sé.
Improvvisamente Gabriel alzò la testa e puntò le iridi scure su di lui, sorrise, poi gli fece cenno di raggiungerlo.
In un attimo Marco gli fu accanto, era triste, ma non voleva darlo a vedere “Come stai?”
“Bene” mentì rivolgendogli un sorriso smagliante, ma in realtà era molto nervoso “anche se… ”
“Cosa?” Marco distolse lo sguardo e lo lasciò vagare attraverso la stanza.
“Dovrò morirti tra le braccia” mormorò Gabriel diventando improvvisamente triste.
Marcò tornò a guardarlo “Andrà bene, vedrai”
“Sì, certo” non era questo ciò che voleva sentirsi dire “Siamo professionisti, no?” replicò con voce dura.
“Pronti?” la voce del regista risuonò nel locale e Gabriel si allontanò.
Marco osservò la scena da lontano, l’amico fu impeccabile, il momento della lotta e di quando venne colpito furono molto toccanti. Marco, nei panni del commissario Maybach, entrò in azione correndo al capezzale del collega e amico ferito. Portò una mano dietro la nuca di Miguel e, il viso bagnato dalle lacrime, recitò le sue battute. Gabriel lo guardò e per un attimo sembrò come paralizzato tanto da non riuscire a proferire parola, poi finalmente sembrò riscuotersi e pronunciò le sue ultime parole.
Miguel morì tra le braccia del suo migliore amico e Jan pianse affondando il viso nel suo collo.
“Stop” urlò il registra “Buona”
Marco si alzò in piedi, Gabriel riaprì gli occhi e lo guardò porgendogli la mano, ma l’altro, dopo averlo aiutato, si allontanò senza neanche guardarlo.
Gabriel lo rincorse, costringendolo a fermarsi “Marco? Aspetta, dove vai?”
“In camerino”
“Vengo con te, dobbiamo parlare!”
“E va bene” si avviò verso il camper.
Entrò seguito dall’altro che si chiuse la porta alle spalle.
“Come mai sei così freddo da qualche giorno?” Gabriel non riusciva a comprendere il motivo del suo comportamento.
“Non è vero” negò sfuggendo il suo sguardo “Sono solo ancora turbato, mi è costato girare questa ultima scena”
Gabriel si avvicinò “Ti sembrerà strano ma mentre giravamo ho avuto uno strano flashback"
“Di che parli?"
"Dell'altra sera a casa mia ho ricordato qualcosa, ma vorrei una conferma da te”
Il biondo impallidì "Sei crollato come una pera cotta, Gabriel” lo prese in giro.
Gabriel accorciò la distanza che li separava, gli occhi neri erano lucenti “Io ricordo di averti baciato”
L’espressione di Marco confermò che non lo aveva immaginato, era accaduto davvero.
“Come pensavo” Gabriel sorrise.
“Eri ubriaco, non ha sign…” Marco non riuscì a concludere la parola perché l’amico fu su di lui intrappolandogli le labbra in un bacio pieno di ardore. Marco gli appoggiò le mani sul torace e dopo un attimo di stordimento, si lasciò andare.
Gabriel lo spinse verso il divano insinuandogli le mani sotto la maglietta, il cervello smise di formulare pensieri coerenti. Marco si stese trascinandolo con sé, Gabriel gli morse il labbro inferiore, spingendosi nuovamente all’interno e accarezzandogli la lingua con la sua. Le mani vagavano lungo il corpo cercando lembi di pelle da sfiorare.
Un lieve bussare li distolse, Marco si staccò voltando la testa verso la porta. Gabriel sbuffò per l’interruzione.
“Signor Girnth?”
“Chi è?” rispose ansimando
“Sono Paula”
“Alzati, vuoi farti trovare sul divano in questo stato?” lo spinse via.
“Posso entrare?” domandò timorosa “Devo darle qualcosa”
Gabriel fece una smorfia, aveva capito che aveva un debole per il bel biondo, ma non pensava avrebbe inventato una scusa per entrare nel suo camper. Si alzò aggiustandosi la camicia.
“Avanti” sussurrò.
La porta si aprì e Paula entrò. Tra le mani aveva un plico, i capelli erano sciolti sulle spalle e sulle labbra spiccava un velo di rossetto color porpora.
“Buonasera” arrossì nel trovare anche l’altro attore nel camper, non era pronta ad avere al cospetto entrambi i protagonisti della serie “Salve, signor Merz, signor Girnth”
“Ciao” mormorò, lo sguardo si posò sulla scollatura, non era niente male, la piccola. Si chiese come avesse fatto a non notare quanto fosse carina.
“Ciao, ma cosa ti avevo detto? Chiamami Marco” il biondo le si avvicinò sorridendole. In questo modo tentò di celare il suo imbarazzo.
“Va bene, Marco, ho qui le scene corrette che gireremo domani” abbassò lo sguardo, il rossore era apparso sulle gote.
Gabriel strinse le labbra per la gelosia, non sopportava quell’intimità tra i due. Li osservò con attenzione per cogliere ogni particolare.
“Sei molto gentile, grazie”
“È stato un piacere, ora vado, è tardi” sorrise e si voltò per andarsene.
“A domani, Paula” sussurrò con voce calda che le mise i brividi.
“Notte, Marco, signor Merz”
“Gabriel” la corresse.
Lei annuendo li lasciò soli.
“Vedo che la ragazzina ha una cotta per te” commentò il moro, cercando di non lasciar trasparire la gelosia che provava.
“Dici? È solo gentile”
“Certo” ridacchiò nervosamente “quanto sei ingenuo, mio caro, quella vuole entrare nel tuo letto, è evidente”
“Forse, ma non mi interessa, avrà vent’anni, io ne ho trentacinque e poi, ho moglie e un figlio”
“Da come le parli e la guardi sembra tu voglia scopartela”
Marcò lo fissò “Stai delirando”
“Sì, forse è vero, ma solo per colpa tua” accorciò le distanze, si sporse in avanti e cercò le sue labbra, ma Marco lo allontanò “Che significa?”
“Non è abbastanza palese?” gli occhi neri colmi di desiderio.
“No, non lo è” voleva capire “Perché mi hai baciato?”
Gabriel sussurrò “Forse perché lo volevo e poi, baci così bene”
“Non fare lo stronzo, non giocare con me, Gabriel” gli occhi erano come il ghiaccio. Lo spinse via indietreggiando di qualche passo.
“Giocare?” sgranò gli occhi alle sue parole “Se è così che la pensi, allora…” si voltò per andarsene “non abbiamo più niente da dirci. Meglio che vada e poi, hai una moglie da cui tornare” concluse con dolore.
Aprì la porta, il cuore si era come frantumato in mille pezzettini. Aveva creduto provasse anche lui un sentimento che andava oltre l’amicizia, ma aveva sbagliato e ora ne avrebbe pagato le conseguenze.
“Ci vediamo, Marco”
“Aspetta, Gabriel, scusami, non…” lui però, era già uscito chiudendosi la porta alle spalle.
“Dannazione!” imprecò sferrando un pugno sulla parete.
Sedette sconsolato sul divano, lo aveva ferito. Si sfiorò le labbra, erano gonfie per i baci. Poteva risentire in bocca il suo sapore, il camper era impregnato dell’aroma muschiato della sua acqua di colonia.
Inspirò a fondo per poterne conservare almeno un piccolo ricordo, poi prese il cappotto e uscì.


Il giorno seguente Marco aveva i nervi a fior di pelle, il copione che gli era stato dato giaceva dimenticato nel camper. Il litigio con Gabriel lo aveva scombussolato. Sentiva di aver rovinato il rapporto che c’era tra loro e di non avere più il tempo di recuperarlo. Notò il plico sulla mensola e lo prese.
“Dannazione” sibilò, non lo aveva letto.
Si cambiò d’abito e raggiunse la troupe.
Il regista gli si avvicinò “Marco, che ne pensi delle modifiche? Credo che così la scena sia molto più toccante”
Marco lo fissò imbarazzato quando si rese conto di aver dimenticato il copione che gli aveva portato Paula la sera precedente e quindi di non conoscere le modifiche apportate “Detesto ammetterlo, ma non ho guardato il plico che mi hai fatto avere”
“No? E perché, di grazia?” incrociò le braccia al petto “C’erano dei cambiamenti fondamentali”
“L’ho lasciato nel camerino, ma rimedierò leggendolo ora ” glielo mostrò.
L’uomo scosse la testa allontanandosi, Marco affondò la testa nel plico che aveva tra le mani. Sorrise, non riusciva a credere a quello che stava leggendo “No!” esclamò “È geniale”
Alzò lo sguardo e restò a bocca aperta, a pochi metri da lui c’era Gabriel vestito con un’uniforme da poliziotto di colore verde, una camicia color crema e in testa un cappello. Il cuore cominciò a battere con violenza nel petto, era di una bellezza disarmante. Decise che doveva chiedergli scusa, aveva esagerato. Fece per avvicinarsi, ma fu preceduto da Melanie e suo malgrado dovette rimandare.
Un attimo dopo era tutto pronto per iniziare a girare. Marco si avvicinò a Melanie e Andreas, mentre Gabriel si mantenne in disparte.
Alla fine delle riprese il giovane attore fu circondato da tutta la troupe ansiosa di salutarlo, Marco, invece, restò in un angolo a sorseggiare del caffè. Avrebbe voluto parlargli, ma temeva lo avrebbe respinto. Abbassò lo sguardo e sospirò tristemente, in quel momento, però, fu raggiunto Andreas, che interpretava Hajo, il loro capo. Gli sorrise “Perché sei qui tutto solo, avete litigato per caso?”
Marcò si voltò a fissarlo sorpreso, come aveva fatto ad indovinare?
“Non è difficile da capire, Marco, tu e Gabriel fino a due giorni fa ridevate e scherzavate, mentre ora sembra non riusciate a stare nella stessa stanza”
“Passerà” alzò le spalle.
“Sei arrabbiato perché lascia, vero?” ipotizzò.
“Sì” confessò “ ma in fondo lo capisco, se fossi stato al suo posto, avrei preso la medesima decisione”
“Cerca di chiarire le cose” gli consigliò rivolgendogli un sorriso “Gabriel ti è molto affezionato”
“Anche io e mi mancherà”
Melanie li raggiunse “Stiamo andando in un pub qui vicino a festeggiare, venite?”
“Non sono dell’umore adatto” rispose Marco scuotendo la testa.
“Cosa? Non sarebbe lo stesso senza di te, Gabriel si aspetta che tu venga”
“Devo tornare a casa” inventò.
La loro collega lo guardò stranita “Non puoi perdere questa festa, è in onore di Gabriel”
Marco sentiva lo sguardo di Andreas su di lui e quasi senza accorgersene si ritrovò ad accettare.
“Bene, venite? La notte è giovane e attende solo noi”
“Certo”sospirò Marco pentendosene immediatamente.
Gabriel sedeva tra due ragazze della troupe, ma ogni tanto lanciava uno sguardo al collega e amico che occupava un posto al bancone, spiluccando distrattamente dei salatini.
Era arrabbiato con lui, lo aveva accusato di voler giocare con i suoi sentimenti e questa era una cosa che lo faceva soffrire. Da quel momento l’atteggiamento di Marco era cambiato nei suoi confronti, diventando freddo e distaccato.
Gabriel strinse le labbra, gli avrebbe fatto vedere quanto poco gli importava di lui e della sua opinione. Si concentrò completamente sulle due ragazze che gli erano accanto, astraendosi completamente.
“Gabriel?” lo chiamò una voce profonda.
Il giovane alzò la testa, Marco era fermo davanti al loro tavolo “Non vedi che sono occupato?”
“Devo parlarti, Gabriel, è importante”
“Non puoi aspettare?” gli domandò circondando le spalle di una delle ragazze.
“No”
“E va bene” stampò un bacio sulle labbra di entrambe, poi si alzò. Seguì il collega in un angolo.
“Cosa vuoi?” sbottò seccato.
“Cosa stai combinando con quelle?” era seccato dal suo comportamento.
“Non sono cazzi tuoi, non ti devo alcuna spiegazione” replicò Gabriel alterato.
“Lo so, hai ragione, non mi devi niente, è solo che…”
“Marco, cosa vuoi?” insistette.
“Sto cercando di chiederti scusa, Gabri, ma me lo rendi estremamente difficile”
“Ora, posso andare? Non mi interessano le tue scuse” gli voltò le spalle.
“Ti prego, non odiarmi, Gabri, non penso quello che ti ho detto” continuò Marco senza speranza, sentiva di aver rovinato tutto “forse ero solo turbato”
“Non puoi neanche immaginare quello che ho provato quando…” si bloccò.
Marcò abbassò lo sguardo, non aveva scuse.
Gabriel gli puntò un dito contro, gli occhi erano fiammeggianti “…mi hai accusato di giocare con te. Mi è crollato il mondo addosso”
“Lo so, è la stessa sensazione che provo io” sussurrò Marco
“Come?”
“Sto male, sapere che sei arrabbiato con me quando io…” si bloccò senza riuscire a terminare la frase.
“Quando tu, cosa?” gli si avvicinò.
“Lascia perdere, non ha importanza”
“Sì, ne ha!” insistette costringendolo a guardarlo “Parla!”
“Qui non mi sento a mio agio, possiamo andare in un posto più appartato?” Marco sentiva su di sé gli sguardi di tutti.
Gabriel gli appoggiò una mano sul braccio e lo guidò attraverso un corridoio. Entrarono in una stanzetta vuota
“Ecco, ora mi spieghi di che stai parlando perché non sto capendo nulla”
Marco sospirò prima di riuscire ad aprire bocca “Tengo molto a te, Gabri e detesto questa situazione che si è venuta a creare tra noi”
“Se fosse così non ti comporteresti da bastardo! Mi hai ignorato per giorni e scommetto che non volevi neanche venire. Melanie ha dovuto obbligarti, vero?”
Marco abbassò gli occhi e l’altro comprese di aver indovinato “Come pensavo” mormorò con dolore.
“Sapevo quanto fossi arrabbiato e che non desideravi avermi tra i piedi” ma la verità era un’altra.
“Non ti credo” replicò “Speravi che con il trascorrere dei giorni avrei dimenticato”
“No”
“Sì, invece” sibilò Gabriel “credevo mi conoscessi meglio di così, Marco, mi hai deluso”
“Lo so e non sai quanto sto male al pensiero di perderti, non mi ero reso conto quanto fossi importante per me” non riuscì più a trattenere le lacrime.
“Marco” i lineamenti del viso si addolcirono, non l’aveva mai visto così fragile.
Accorciò le distanze che li separavano, asciugò gli occhi umidi con le dita “Non riesco ad essere arrabbiato con te”
“Mi dispiace di essere stato così stronzo” Marco continuò a scusarsi.
Gabriel lo attirò in un abbraccio affondando poi il viso nel suo collo “Lo so” baciò rumorosamente la spalla.
Marco appoggiò le labbra sulla guancia e immediatamente, Gabriel si voltò per catturarle. Il biondo le socchiuse spingendo la lingua all’interno. Gabriel lo attirò maggiormente a sé circondandogli la vita con un braccio e rendendo il bacio infuocato. Si lasciò sfuggire un gemito mentre si staccava per la mancanza d’ossigeno “Scusami, non sono riuscito a frenarmi”
“Non scusarti, se non mi avessi baciato tu l’avrei fatto io” confessò Marco “non voglio più negare quello che provo” gli sfiorò le labbra gonfie.
“Davvero?”
Per tutta risposta ricominciò a baciarlo spingendosi contro di lui e facendogli percepire la sua eccitazione attraverso la stoffa dei jeans.
“Marco, mio dio” gemette quando la bocca si spostò sul collo succhiando la pelle con forza, lasciando dei segni.
“Ti voglio” gli sussurrò il biondo mordicchiando il lobo dell’orecchio.
“Mi stai facendo impazzire, lo sai, vero?”
“Andiamo a casa tua?” propose Marco con voce carica di desiderio.
Gabriel impietrì, stava sognando. Se era così, sarebbe stato meglio non risvegliarsi mai “Parli sul serio?”
“Secondo te?” gli prese la mano e se la portò tra le gambe “Non lo senti quanto ti voglio?”
“Non sai quanto ho sperato potesse giungere questo momento” si morse il labbro inferiore
Il biondo si alzò intrecciando le dita con le sue “Mi dispiace di averti detto tutte quelle cattiverie”
“Basta parlarne, non importa più” scosse la testa baciandolo ancora.
“Come spiegheremo la nostra fuga?” Marco era preoccupato.
“Nessuno baderà a noi, vedrai” Gabriel rivolse un sorrisetto malizioso. Afferrò il braccio “Vieni, usciamo dal retro”
Attraversarono nuovamente il corridoio, Marco poteva avvertire il calore della sua stretta, immaginò di essere con lui, di fare l’amore e fu colto da un’incredibile eccitazione. Desiderava un uomo, Gabriel, uno dei suoi migliori amici.
Uscirono nella fredda notte. Marco rabbrividì e Gabriel lo attirò in un abbraccio per scaldarlo con il suo corpo “Presto saremo al caldo”
“Ci sono già, con te accanto” si ritrovò a dichiarare.
“Sei venuto con la tua auto?” arrossì leggermente alla sua dichiarazione.
“Sì”
“Vorrà dire che andremo separatamente” concluse il moro, non voleva certo che uno dei due dovesse ritornare a riprendere la macchina “Ci vediamo tra dieci minuti sotto casa, Marco” si staccò da lui e si avviò verso il suo veicolo parcheggiato dall’altra parte della strada.
Marco l’osservò attraversare e sorrise, poi raggiunse la sua Mercedes grigia. Fece scattare l’antifurto ed entrò. Restò per qualche istante in silenzio, con la testa appoggiata allo schienale, sulle labbra un dolce sorriso. Era felice.